La Calabria letteralmente “convive” con il rischio idrogeologico. Una “regione gruviera” dove il 99,8% dei comuni - praticamente la quasi totalità - presenta aree esposte a pericolo di frane o alluvioni. Dal dossier Ecosistema Rischio 2016 illustrato ieri a Roma da Legambiente, è emerso che il pericolo incombe su 408 comuni su 409, di cui 354 sono a sia a rischio frana che idraulica; 30 sono solo a pericolosità frana e 24 a pericolosità idraulica. Su 15.222 chilometri quadrati della superficie totale, infatti, 914,1 sono in stato di pericolosità sia di frana che idraulica; 347,8 in stato di pericolosità frana e 576,3 di pericolosità idraulica. Legambiente ha basato la sua indagine sulle attività delle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico e dunque sulle risposte fornite dalle amministrazioni locali al questionario inviato ai Comuni in cui sono state perimetrale aree a rischio. In Calabria solo 60 amministrazioni comunali hanno risposto al questionario.
«In un contesto in cui sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto – spiega il vicepresidente di Legambiente Calabria Andrea Dominijanni – è necessario concentrare gli sforzi sulla prevenzione, avviando al più presto una seria politica di mitigazione del rischio che sappia tutelare il suolo e i corsi d’acqua. L’attività di prevenzione deve prevedere un approccio sistemico, che sappia tenere insieme le politiche urbanistiche, una diversa pianificazione dell’uso del suolo, la conoscenza delle zone a rischio, interventi pianificati su scala di bacino, organizzazione dei sistemi locali di protezione civile e crescita di consapevolezza da parte dei cittadini». Legambiente offre la sua disponibilità a offrire supporto alle amministrazioni nei piani comunali, nell’informazione alla popolazione e nelle esercitazioni di emergenza. Rispetto all’attività di prevenzione del rischio, nell’80% dei comuni italiani intervistati sono stati redatti piani urbanistici che hanno recepito le perimetrazione delle zone esposte a maggiore pericolo. Nonostante l’evidente fragilità del territorio, in Italia e in Calabria si è continuato a costruire in zone a rischio di esondazione o di frana e addirittura in tali aree sono sorti interi quartieri con strutture sensibili come scuole e ospedali. La Presidenza del Consiglio, con la Struttura di missione Italia Sicura, ha dato un segnale importante per uscire dalla logica dell’emergenza superando la tendenza degli ultimi anni in cui sono stati spesi circa 800 mila euro al giorno per riparare i danni e meno di un terzo di questa cifra per prevenirli. Secondo Legambiente è necessario dar vita ad una filiera virtuosa a cui contribuiscano soggetti ed enti diversi, dallo Stato centrale agli enti locali, alle Autorità di bacino. Un invito che la Calabria, saccheggiata e devastata da un’annosa incuria che dalla mancata pulizia dei corsi d’acqua spazia su mille altre inadempienze non di rado dettate da mere speculazioni urbanistiche, non può permettersi di ignorare.(b.c.)