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Sul tratto dell’A3 sotto sequestro opere collaudate dalla “Dama nera”.

Sul tratto dell’A3 sotto sequestro opere collaudate dalla “Dama nera”.

Vibo Valentia

Lavori eseguiti in difformità del progetto originario risalente al ‘99, mentre l’aggiornamento, corredato da uno studio idraulico, non è stato sottoposto al parere dell’Autorità di bacino. Lavori che non riguardano una casetta di campagna, bensì un tronco dell’A3 Salerno-Reggio Calabria nel tratto compreso tra Mileto e Rosarno, con ben quattro viadotti sul fiume Mesima. E non si tratterebbe solo di una violazione relativa alla normativa, perché secondo quanto accertato dalla Procura e dalla Guardia di finanza di Vibo Valentia quei quattro viadotti “galleggiano” sul nulla o meglio i piloni affondano nell’alveo del fiume e quindi sono a rischio scalzamento.

E sulla vicenda le storie sono diverse, a seconda di chi le racconta: la ditta appaltatrice, la commissione di collaudo in cui compare la “Dama nera” dell’Anas e gli investigatori.

Insomma il risultato è una nuova “perla” infilata da Procura e Fiamme gialle alla collana di scandali e irregolarità che attraversano in lungo e in largo la provincia, questa volta pescata nel mare della terra di mezzo tra il Vibonese e Rosarno, dove vigono le leggi della repubblica delle banane. Perché se nella nota canzone a sbarcare nella Banana Republic erano gli americani, tra Vibo e Rosarno a sbancare terreno e fare nuovi tracciati seguendo la logica del profitto e non quella delle regole sarebbe stata la ditta appaltatrice (l’Ati Cavalleri Ottavio-Codex) per truffare non la malinconia, bensì un ente pubblico: l’Anas.

E “Strada facendo” – così è stata denominata l’inchiesta che ha portato al sequestro di circa 8 km di A3, di un tratto della Provinciale 58 e vede 21 indagati – Procura e Guardia di finanza hanno ricostruito il complesso puzzle dell’ammodernamento del tratto dell’A3 ponendo in risalto «l’incongruenza» esistente tra quanto emerso e «quanto formalmente cristallizzato nei documenti acquisiti e analizzati dai consulenti del pm».

Ma c’è di più perché gli stessi documenti esaminati, studiati e letti raccontano, appunto, storie diverse. Una è quella della commissione di collaudo; l’altra quella degli investigatori.

Fatto sta che nel 2011 una commissione di collaudo fu nominata per i lavori di ammodernamento del Tronco 3 - Tratto II Lotto III dell’A3. A comporla l’ing. Giuseppe Fiammenghi (presidente), l’ing. Lelio Russo e la dottoressa Antonella Accroglianò, ovvero l’ex dirigente del coordinamento tecnico amministrativo dell’Anas arrestata nell’ottobre 2015 e definita dagli inquirenti la “Dama Nera” che all’epoca ha dichiarato di aver ricevuto mazzette da decine di imprenditori, facendo nomi e cognomi e chiamando in causa anche politici.

Ebbene la commissione di collaudo rilasciò un certificato di collaudo statico provvisorio per le opere insistenti sul tratto in esame. A distanza di circa cinque anni le indagini della Procura arrivano ad altre considerazioni ritenendo che le opere previste e in parte realizzate non siano idonee a garantire la sicurezza dei luoghi, già raggiunti dalle acque del fiume Mesima, delle attività prospicenti e delle persone – in transito sia sulla strada provinciale 58 sia sull’A3 – «nel senso che il pericolo di esondazione del Mesima è reale».

Peraltro a lanciare l’allarme sul fatto che «il percorso del fiume oggi pericolosamente incidente sulle pile (piloni) in alveo, si è modificato nel periodo di attività dell’Ati (Cavalleri-Codex)», era stato nel 2014 l’ing. Salvatore Siviglia (segretario generale dell’Autorità di bacino regionale) il quale aveva reso edotta la direzione lavori Anas della problematica, rappresentando: «Questa Autorità non ha mai espresso alcun parere per i lavori di ammodernamento del Tronco 3-Tratto II Lotto III dal km 369+800 al km 378+500 dell’A3 tra gli svincoli di Mileto e Rosarno. Rappresento, per quanto a mia conoscenza, che relativamente agli adempimenti previsti, l’Anas non ha presentato alcun programma di messa in sicurezza».

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Gli indagati

Disastro doloso, truffa aggravata ai danni di ente pubblico, frode in pubbliche forniture, sub appalto non autorizzato, falso materiale e ideologico e abuso d’ufficio. Sono questi i reati, a vario titolo, ipotizzati dal pm di Vibo, Benedetta Callea, nei confronti di 21 indagati, tra cui funzionari Anas, professionisti e imprenditori. Si tratta di: Gregorio Cavalleri, Vincenzo Musarra, Marco Angelo Bosio, Maurizio Aramini, Gianfranco Vasselli, Angelo Dandini, Fabrizio Tragna, Settimio Branchi, Giovanni Parlato, Paolo Francesco Campanella, Marcello Ranalli, Carla Rota, Alessandro Rossi, Dino Laporini, Giovanni Fiordaliso, Consolato Cutrupi, Salvatore Bruni, Francesco Caruso, Antonio Pio Cannatà, Pietro Lo Faro e Maria Stella Orecchio.

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