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“Mala Sanitas”, il metodo
Reggio a Lamezia

“Mala Sanitas”, il metodo Reggio a Lamezia

Un modello da esportare. Il “Sistema” usato a Reggio per coprire gli orrori sanitari consumati nei reparti di Ginecologia, Ostetricia, Neonatologia ed Anestesia agli Ospedali Riuniti, che nei giorni scorsi è costato una misura cautelare nei confronti di 11 medici (4 agli arresti domiciliari e 7 interdetti dalla professione medica per 12 mesi), è stato addirittura consigliato ai colleghi dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme travolti da una gravissima vicenda di malasanità.

Coprire gli errori e manipolare le cartelle cliniche era il metodo suggerito da Pasquale Vadalà, l’ex primario di Ostetricia e Ginecologia agli Ospedali Riuniti di Reggio (fino al 1 ottobre 2014) finito agli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta “Mala Sanitas” per il reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici e di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri.

Autunno 2014: in pensione da poche settimane, secondo gli inquirenti «assumeva il ruolo di consigliori rispetto ai medici in servizio presso altri plessi ospedalieri - in particolare presso l'ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme - in relazione ad un grave caso di malasanità relativo ad una gestante deceduta circa 24 ore dopo il parto».

A svelare l’inquietante scenario un’intercettazione telefonica captata dalla Guardia di Finanza di Reggio l'1 dicembre 2014. Al cellulare lo stesso Pasquale Vadalà ed una collega, - «tale Lia» - la cui utenza è risultata essere intestata all'Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro. La ragione della conversazione è evidenziata dal Gip di Reggio: «Il Vadalà Pasquale, nell’apprendere la tragica vicenda che ha visto la morte di Mano Angela (identificata a mezzo articoli stampa apparsi sui principali quotidiani locali), persevera nel “modus operandi” che aveva caratterizzato per anni la sua condotta, prendendo in considerazione l’ipotesi di manipolare i dati riportati nella cartella clinica inerente l’intervento, ipotesi scartata dalla collega, solo perché sarebbe stato difficile trovare altro medico». Ecco alcuni stralci della telefonata, da cui emerge l’idea di applicare il “sistema” della variazione della cartella clinica: «Vadalà: già hanno preso la cartella? Lia: no ancora no, però... già hanno disposto l'autopsia...; Vadalà: e come fai a cambiare il nome? Lia: ma chi ci si mette Pà; Vadalà: appunto... come fai?..; Lia: ehhh... ma chi ci si mette... incomprens... per Luciano... omissis...")».

Da un orrore all’altro nell’ambito della stessa vicenda. L’interlocutrice del medico reggino confida un ulteriore aspetto gravissimo, l’interdizione dalla sala operatoria di uno dei medici che hanno effettuato il parto cesareo: «Circostanza che genera particolare preoccupazione nei due interlocutori che discutono sul modo per evitare che questa informazione trapeli all’esterno: "...omissis... Lia: tra l’altro... ehh... fìgura... Ascioti che non può entrate in sala operatoria... un casino guarda! un bordello succederà! Ascioti fa un cesareo all'anno poveretto...; Vadalà: come? Lia: Giovanni c'ha l'interdizione dalla sala operatoria! hai capito? e se esce fuori questa cosa...».

Vadalà si erge, quindi, a “consigliore”, «offrendo pieno supporto al collega qualora ve ne fosse bisogno (“ho telefonato per la questione... sappiate che se io posso fare qualcosa per voi... sono a disposizione...”)».

Un quadro chiarissimo per il Gip: «Le gravissime affermazioni del Vadalà attestano come nonostante il predetto sia andato in pensione, cessando dall'incarico di Dirigente del Reparto, goda ancora di notevole influenza anche presso soggetti che esercitano la professione medica in altri presidi ospedalieri e - avendo piena contezza di ciò che occorre fare in questi casi - dia la propria disponibilità per risolvere la situazione». Usare il “Sistema” Reggio, manipolando le cartelle cliniche e cancellare errori ed orrori medici.

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