«Sono imputata in un processo senza prove e se sarò condannata subirò una pena da innocente». È la conclusione “offerta” da Francesca Immacolata Chaouqui all’uditorio dell’affollata conferenza stampa nel locale “Symposyum”. Dinanzi a numerosi giornalisti, ma soprattutto con la famiglia e gli amici al suo fianco, insieme tanti cittadini presenti, la Chaouqui è un “fiume in piena”. Parla a braccio, da “comunicatrice” qual è, per oltre un’ora facendo capire di «non aver mai tradito il Papa» e che la sua «sarà solo una condanna politica e non giudiziaria: agli atti non c’è prova d’aver passato ai giornalisti un solo documento riservato». Di una sola cosa si “rimprovera” la Chauoqui: d’aver presentato a monsignor Vallejo Balda i due giornalisti, Nuzzi e Fittipaldi, ai quali poi lo stesso prelato spagnolo avrebbe “fornito” per i loro libri le prove di cosa faceva la Cosea, la Commissione che doveva aggiustare gli aspetti economici del Vaticano. Proprio Balda, secondo la pierre italo – marocchina implicata nel processo “Vatiliks”, l’avrebbe poi accusata senza però “uno straccio di prova”. «La gendarmeria vaticana ha fatto il suo lavoro ed io ho collaborato sulla scorta di quanto a mia conoscenza – aggiunge – ma al Papa è stato detto di “avere prove schiaccianti” nei miei confronti che tuttora non sono emerse». Lo stesso Pontefice, secondo la Chaouqui, è stato “tratto in inganno volutamente” da qualcuno che avrebbe riferito come la stessa avrebbe passato atti riservati in quanto “arrabbiata” di non aver avuto un “posto” nella Curia romana.
L'approfondimento nell'edizione in edicola della Gazzetta del Sud