Antonio Forastefano, padrino riconosciuto dell’omonimo clan e responsabile reo confesso di numerosi omicidi compiuti a Cassano (estraneo alla vicenda di “Cocò”) è stato espulso dal programma di protezione riservato ai collaboratori di giustizia. Significa di fatto che potrà giocare un ruolo in futuro nel cassanese? Difficile prevederlo. Il procuratore Luberto proprio negli atti dell’inchiesta avviata per far luce sull’assassinio del bimbo di tre anni sottolinea che l’ex pentito «Ha accuratamente evitato di accusare persone rientranti nella criminalità organizzata cassanese. Spesso – scrive il magistrato – è entrato in contrasto con le dichiarazioni dei collaboratori che lo hanno preceduto nella fuoriuscita dalla cosca omonima. Ancora più grave è stato il verificare che Forastefano non ha fornito nessun elemento contro gli zingari nel processo “Timpone rosso” ed ha tentato le risultanze del processo “Omnia” nei confronti dei suoi storici sodali tanto che i giudici della Corte di appello di Catanzaro ne hanno confermato la condanna infertagli in primo grado senza riconoscergli l’attenuante prevista per i collaboratori. Sulla scorta di queste risultanze questo Ufficio – conclude il procuratore Luberto – ha chiesto ed ottenuto la revoca del programma di protezione». Antonio Forastefano gode al momento del regime di detenzione domiciliare.
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