Quest’Italia stanca e distratta dovrebbe segnare sul calendario la data di giovedì 6 agosto: l’Egitto inaugurerà il “nuovo” canale di Suez. Ci sono due buone ragioni per mettere a fuoco ciò che è stato capace di realizzare un Paese che guarda con fiducia al futuro: una è legata al nostro passato, l’altra a scenari che si andranno a concretizzare nel giro di qualche anno.
La storia ci ricorda che il progetto per collegare il Mar Rosso al Mediterraneo, senza circumnavigare l’Africa, è figlio di un italiano d’Austria, l’ingegnere Luigi Negrelli. Il suo sogno diventò realtà il 17 novembre 1869 e l’evento fu celebrato con l’Aida di Giuseppe Verdi, composta per l’occasione. Un trionfo del genio italiano e della volontà del popolo egiziano.
Il 6 agosto, dunque, ad appena 12 mesi dall’avvio dei cantieri, il canale sarà navigabile a pieno regime: allargato per ben 35 chilometri e migliorato nel pescaggio. Non c’è più Negrelli, non sarà messa in scena l’Aida, ma l’Italia non può non cogliere il valore di una tale rivoluzione. Cosa cambierà? Prima di tutto i tempi di percorrenza, che scenderanno da 18 a 11 ore, e il passaggio di naviglio di maggior tonnellaggio. Si determineranno, inoltre, significativi risparmi per gli armatori e un aumento delle entrate per il governo egiziano: dagli attuali 5,2 miliardi di dollari l’anno a oltre 13 entro un decennio. Le nuove risorse verranno investite nella logistica e nella portualità. L’obiettivo? Fare concorrenza ai grandi scali di Rotterdam, Jabel Alì e Amburgo incrementando il traffico, in entrata e uscita da Suez, lungo l’asse che porta direttamente alla “porta” di Gibilterra.
Qualcuno ha compreso che Sicilia e Calabria potrebbero raccogliere i frutti del conseguente maggior “traffico” nel sud del Mediterraneo? Peccato che la nostra Isola non sia collegata stabilmente col resto dell’Italia e che Gioia Tauro non sia ben servita dalla ferrovia. Occorre correre ai ripari altrimenti resterebbe solo il transhipment (trasbordo merci) ma è un’attività, per certi versi, superata.
A questo punto, una rapida riflessione non guasterebbe, visto che numeri e prospettive sono stati oggetto di un approfondimento fatto per conto di Intesa San Paolo, che la stessa banca e la Fondazione Bonino-Pulejo presenteranno a ottobre. Il Sud d’Italia non può ignorare questa rivoluzione, nata dalla volontà di un intero popolo: pensate, quando il governo ha annunciato il progetto, la sottoscrizione di 6,5 miliardi di dollari di obbligazioni è stata chiusa in appena 8 giorni. Gli egiziani hanno fatto a gara per finanziare la grande sfida. Da noi, invece, abbondano i no Tav, i no Triv, i no Ponte, i no questo e i no quello. A prescindere dalla validità delle proposte.
Ma esiste un’Italia che guardi al futuro e che abbia voglia di essere protagonista?