Calabria

Sabato 23 Novembre 2024

Dimissioni, Roma
non sblocca l’impasse

 È un capolavoro di politichese la stringata dichiarazione resa dal presidente del Consiglio regionale della Calabria Antonio Scalzo dopo l’incontro romano avuto ieri con il vicesegretario nazionale del Pd Lorenzo Guerini. Scalzo, indagato nell'inchiesta Erga Omnes sulle spese pazze dei consiglieri regionali, fa sapere che a Guerini ha espresso «piena disponibilità politica a ricercare ogni più utile decisione al fine di favorire il rilancio dell'iniziativa politico-istituzionale calabrese». Frasi sibilline da cui non si evince in alcun modo che Scalzo sia pronto a dimettersi, anche se ambienti vicini al presidente Oliverio sono ottimisti, ritenendo che tutto ciò rappresenti un passo avanti. A Palazzo Alemanni viene data una lettura diversa dell’incontro con Guerini: il numero due del Pd avrebbe ottenuto da Scalzo la disponibilità a lasciare. Viceversa secondo il super votato vertice di Palazzo Campanella, ciò che preme a Guerini è che sia subito formato il nuovo Esecutivo regionale: «Durante l'incontro si è convenuto - riferisce Scalzo - che la priorità politica, oggi, sia il varo della nuova Giunta regionale, in linea con le esigenze di buon governo, innovazione, sviluppo socio-economico e riforma della politica, fortemente avvertite dai cittadini calabresi». La situazione è quanto mai aggrovigliata. Il Governatore infatti vorrebbe che il varo della nuova Giunta senza Enzo Ciconte e Carlo Guccione (ma con dentro Antonio Viscomi, Gianni Speranza, Maria Francesca Corigliano e Peppe Corigliano) fosse contestuale alle dimissioni di Scalzo anche per evitare lacerazioni politiche insanabili. Questa interdipendenza tra un (molto) eventuale addio di Scalzo al Consiglio e il (difficile) passo indietro del vicepresidente Enzo Ciconte e dell’assessore Carlo Guccione è il vero nodo che impedisce al governo regionale di voltare pagina, con gravi ripercussioni d’immagine sull’opinione pubblica che si aspetta un veloce repulisti dopo i guasti dello tsunami Rimborsopoli. Forse Oliverio teme che se revocasse le deleghe a Ciconte e Guccione in presenza di uno Scalzo tranquillo al proprio posto, aprirebbe la via a una lunga stagione di vendette e colpi bassi, con esiti imprevedibili. D’altra parte è politicamente impensabile che siano i consiglieri del Pd a sfiduciare il loro collega insieme a quelli di Ncd e Forza Italia, con il rischio che poi siano proprio i forzisti a non votare la mozione di sfiducia per far implodere la maggioranza. Oliverio due giorni fa ha chiesto aiuto al Partito nazionale. Se qualcuno vuole la testa di Scalzo, a imporgli le dimissioni può essere solo Roma, magari lo stesso Renzi che guarda caso è anche segretario del Pd. Tutto il resto, come si dice, è noia

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