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Impossibile fare impresa
lettera di un imprenditore

Perché è difficile fare impresa in Calabria? Al di la delle analisi degli economisti, degli operatori strategici finanziari, a rendere pienamente la situazione la lettera aperta che Francesco Tassone, fondatore ed amministratore delegato della Personal Factory, una delle eccellenze industriali italiane che, a Simbario, in provincia di Vibo Valentia, produce “Origami”, un robot capace di trasformare i rivenditori di malte per l’edilizia in piccoli produttori, ha inviato ai politici calabresi. “Vi chiedo un favore spiegateci perché dovremmo fare impresa in Calabria. Vorrei fare un breve e riduttivo elenco ad uso di qualche anima pia che voglia un giorno forse interessarsi dello sviluppo economico del territorio calabrese. Piuttosto che esibirsi in qualche piagnisteo televisivo a posteriori dopo che le aziende chiudono. Noi oggi siamo il più grosso insediamento industriale delle Serre Calabre con quattro sedi nel comune di Simbario. Produciamo tecnologia medio alta con quote di export fuori area euro prossime al 60%. Allo stesso tempo abbiamo uno dei 5 laboratori privati più grandi e meglio attrezzati di Italia. Lo sapete che i costi per un’impresa del nostro tipo insediata nel nostro territorio sono minimo il 35% superiori a quelli della Brianza? Siamo costretti ad avere una doppia sede con doppio affitto, doppio personale oltre che dover pagare decine di migliaia di euro per viaggi ed alberghi dei dipendenti che fanno la spola tra le due sedi. Questo perché commercialmente siamo irraggiungibili dai clienti. A questo si aggiunge la beffa di una compagnia di bandiera che riduce i voli facendo esplodere i costi. Fossimo in un’isola almeno godremmo di qualche agevolazione ma purtroppo siamo solo isolati. Vi rendete conto che siamo senza strade? Anche i vicini nord africani hanno infrastrutture migliori. L’unica infrastruttura stradale importante a livello regionale è un’autostrada interrotta per tempo indefinito con passaggio di autotreni per paesini di montagna con costi logistici esplosi. Per un’impresa ligure, emiliana, veneta etc., importare un container dalla Cina, Brasile, Germania costa 800 dollari, spedirlo dal sud Italia 1500. A questo si aggiunge una viabilità interna da cordigliera delle Ande, con strade ad una carreggiata invase dalla quella che ormai è diventata una giungla con buche profonde decine di centimetri. Solo nelle ultime quattro settimane abbiamo avuto ben 8 pneumatici danneggiati, mezzi fermi per recuperi etc. Con la beffa di una superstrada a 100m dall’azienda (la tristemente famosa trasversale delle serre) in costruzione penso dal 1965. Ma ci sono i treni. Visto che Trenitalia per tutte le regioni del sud dedicherà in investimenti ben il 2% del totale degli investimenti. Questo nonostante il notevole ritardo del Sud ed un’alta velocità ed un trasporto locale inesistenti. Ma noi puntiamo sulla digital economy. Peccato che nel nostro comune il costo per banda sia tra le 15 e le 20 volte superiori alle grosse metropoli e dove un’intera area PIP è da 2 settimane senza connessione telefonica causa cavo interrotto con un costo per noi di circa 900€ giorno causa alcuni macchinari fermi. Tanto perché abbiamo deciso di puntare sul cloud Manufacturing. Vorrei sapere se Telecom fa aspettare lo stesso tempo il bellissimo km rosso di Bergamo o le altre aree produttive italiane. Benvenuti nel far west fiscale. Come si ripianano i dissesti comunali provinciali, regionali etc.? Semplice portando tutte le addizionali ai massimi consentiti dalla legge. Il risultato un capannone costruito nella zona di cui sopra dove i terreni e le tasse dovrebbero essere gratis paga (con questi eccellenti livelli si servizio) di più rispetto a trovarsi su uno svincolo della tangenziale di Milano o fronte autostrada del sole. Idem la tassazione sul lavoro etc. Ma esiste la leggenda che il lavoro costa poco. Bene provate a convincere manager e figure tecniche di medio/alto livello con esperienza di almeno 15 anni a lavorare a Simbario e valutate quanto bisogna pagarli per convincerli al trasloco non meno di 30% in più rispetto ad un concorrente lombardo o veneto oltre a benefit da zona disagiata. Certo facessimo call center troveremmo migliaia di giovani neolaureati a lavorare quasi gratis. Ma purtroppo produciamo alta tecnologia dove per crescere in fretta servono competenze ed esperienza. Agevolazioni per l’occupazione queste sconosciute. Se tu impresa calabrese vuoi assumere una figura di basso profilo con competenze basse, magari disoccupata cronica ecco che la regione e lo Stato si mobilitano per farti pagare pochissimo una persona che comunque pagheresti molto poco. Quindi ecco che il modello call center continua a pagare. Ma se devi assumere buoni ingegneri ecco che l’aiuto concesso equivale a zero euro. Peccato che lo sviluppo locale aumenta più con il secondo profilo che con il primo. Risultato dalla nostra apertura zero aiuti. Ma il bello viene con l’export. Se fossimo un’azienda marchigiana, piemontese, lombarda, veneta etc. ecco che camere di commercio, province, regioni, agenzie per lo sviluppo si mobilitano per facilitarti il più possibile la presenza a fiere internazionali. Pur avendo ottime fiere a pochi km dai cancelli dell’azienda. Se invece sei made in Calabria ti paghi tutto da solo in compenso puoi scegliere tra decine di corsi in cui persone che non hanno mai venduto neanche un bullone ti spiegano come si esporta. Risultato ad ogni fiera in giro per il mondo i nostri vicini di stand italiani spendono 30-40.000 euro in meno rispetto a quello che spendiamo noi. Moltiplicato per 5 fiere all’anno parliamo di un extra costo di 200.000 euro rispetto ad essere nella famosa Italia di serie A”. La lettera pubblicata su Startup Italia.

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