Riconosciuto responsabile dei reati di concorso in omicidio e di porto di armi e munizioni in luogo pubblico e condannato a oltre 20 anni di reclusione. Niente di strano se non si trattasse di un caso che ripropone i paradossi della giustizia italiana: il destinatario della condanna è un ultranovantenne. La storia riguarda, infatti, un pensionato, ex agricoltore, che vive da solo in contrada Mesuri di Candidoni. Si chiama Giuseppe Lamanna, nato a Laureana di Borrello nel 1922, al quale i carabinieri hanno notificato un’ordinanza della Procura Generale della Corte di Appello con la quale viene destinato agli arresti domiciliari per un periodo di venti anni e sei mesi, perché condannato in via definitiva per un omicidio avvenuto nella primavera del 1991 in un locale pubblico alla periferia di San Pietro di Caridà. All’epoca, l’omicidio aveva fatto tanta sensazione perché il piccolo centro dell’alta Piana, poco più di millecinquecento abitanti, non è noto alle cronache, e i carabinieri erano riusciti a fare luce sullo stesso in breve tempo. Ma è paradossale che la giustizia possa e debba essere tanto lenta per cui un processo penale arrivi alla definizione dopo oltre venti anni. Giuseppe Lamanna, avendo superato da tempo i novanta, già in passato, con la concessione dei domiciliari, fruiva anche di una autorizzazione speciale grazie alla quale poteva lasciare un giorno la settimana la sua abitazione, posta in piena campagna, per portarsi in paese onde poter provvedere ad acquistare il necessario per fare fronte alle sue esigenze quotidiane. Forse sarà ancora così ma sicuramente la notizia è nuovamente destinata a fare sensazione. Come dire: riconosciuto colpevole per un fatto nel quale è rimasto coinvolto la condanna ad oltre venti anni arriva a più di venti anni da quando si è registrato l’omicidio. Come non parlare di giustizia-lumaca?
Caricamento commenti
Commenta la notizia