L’acqua costa troppo poco e per questo l’Autorità nazionale vorrebbe estrarre il cartellino giallo al municipio. Nell’unico comune d’Italia dove l’acqua è veramente pubblica cioè gestita solo dal Comune, dalla fonte al cittadino, pagare 26 centesimi al metro cubo, 36 in seconda fascia e 90 per uso produttivo è “illegale” perché tali tariffe sono molto al di sotto dei parametri minimi contemplati dall’Autorità per l’Energia elettrica, il Gas e il Sistema idrico. Il sindaco Mario Albino Gagliardi parla di “scandalo vergognoso” e punta il dito sul Governo impegnato in manovre di «accentramento totalizzante e di astrazione dalle realtà municipali e territoriali, incentrate a far privatizzare i profitti, socializzando le perdite». Per il primo cittadino saracenaro è del tutto evidente che il modello Saracena «non piace all’ennesima inutile autorità nazionale i cui parametri sono probabilmente quelli imposti a tavolino dalle multinazionali». Stando ai rigidi paletti approvati dall’Autorità, secondo quanto rimproverato al primo cittadino «ai nostri cittadini dovremmo far pagare l’acqua al metro cubo a non meno di 1 euro e 10 centesimi. Dovremmo cioè far finta di non aver attuato, negli anni ed in solitudine, tutti i passaggi per il ciclo dell’acqua pubblico e cioè adduzione, captazione, distribuzione e depurazione di competenza comunale». Per Gagliardi quest’ammonimento fa parte della confusione e del vuoto di potere che regna nel Governo guidato da Renzi responsabile di scaricare le rogne nazionali sui piccoli comuni virtuosi come Saracena. Anche per quest’ennesima «assurdità» messa in campo da un «esecutivo amico delle lobby delle multinazionali» Gagliardi si dice pronto a capeggiare una vera e propria «ribellione dei piccoli comuni virtuosi contro le pretese incostituzionali di Renzi e Delrio e contro il doppio gioco dell’Anci, l’Associazione Nazionale dei Comuni presieduta da Fassino, divenuta ormai il gendarme delle grandi città e dei macro debiti e sprechi generati in questi anni e fatti pagare oggi alla rete dei piccoli comuni che, invece, tiene ancora in piedi l’Italia».