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Carcere duro per i boss della Calabria settentrionale

  L’offensiva del carcere duro. Scelta dalla Dda di Catanzaro per piegare la ’ndrangheta bruzia, per ridurne l’influenza sull’area settentrionale della regione, per limitare il potere di boss e picciotti rimasti imprigionati nelle maglie delle numerose inchieste condotte dai magistrati coordinati dal procuratore distrettuale Antonio Vincenzo Lombardo. Ieri i pubblici ministeri antimafia, Vincenzo Luberto e Pierpaolo Bruni, hanno fatto applicare il cosiddetto 41 bis ad Antonio Abbruzzese, 40 anni, detto “Banana”, di Cosenza, legato alla criminalità nomade attiva nel capoluogo bruzio. Prima di lui era toccato a Maurizio Rango e Franco Bruzzese, ritenuti esponenti di spiccoi verticidella cosca di ’ndrangheta “Rango-zingari”. Negli ultimi tempi la strategia ha colpito pure una donna, Nella Serpa, indicata come “reggente” dell’omonimo clan di Paola e condannata nelle scorse settimane a 18 anni di reclusione per associazione mafiosa. Si tratta di una delle pochissime donne sottoposte al carcere duro nel nostro Paese. Al lungo elenco devono aggiungersi Nicola Acri, 39 anni, detto “occhi di ghiaccio”, presunto boss di Rossano; Maurizio Barillari, suo omologo a Corigliano, condannato con sentenza definitiva a 19 anni di reclusione per mafia. E, ancora, Franco Abbruzzese, inteso come “dentuzzo” presunto capo della criminalità nomade di Cassano; Domenico Cicero, figura storica del quartiere San Vito di Cosenza; Ettore Lanzino, presunto dominus della cosca rendese con ramificazioni nel capoluogo, arrestato dopo una lunga latitanza. I magistrati antimafia, a dire il vero, non hanno dato respiro all’organizzazione criminale rendese. Dopo l’arresto di Lanzino altre inchieste hanno consentito di trasferire al carcere duro anche i presunti “reggenti” Adolfo D’Ambrosio e Francesco Patitucci. Nei mesi scorsi, poi, il 41 bis ha bussato alla porta della cella di Mario Gatto. Il quarantacinquenne, sorvegliato speciale, ritenuto elemento di spicco della cosca Lanzino venne arrestato mentre attendeva la fine di un processo. Secondo le indagini – coordinate dal procuratore aggiunto Luberto e dal pm Bruni –Gatto stava preparando la fuga in vista d’una condanna a trent’anni per un duplice omicidio. Al suo trasferimento in cella è seguita poco dopo l’applicazione del regime carcerario speciale. Chiudono la lista Franco Presta arrestato, dopo una lunga latitanza, in un appartamento universitario a Rende, già condannato per omicidio e Gianfranco Bruni detto ’u tupinaru, condannato in via definitiva all’ergastolo per un assassinio compiuto nei lontani anni ‘80.

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