Un pensionato ucciso da un batterio. Da un microscopico “assassino” nascosto tra le pieghe d’una sacca di liquido ematico. Cesare Ruffolo – così si chiamava – fu solo colpevole, il 3 luglio del 2013, d’essersi sottoposto ad una banale trasfusione di sangue all’interno del nosocomio dell’Annunziata di Cosenza. Nulla di più. L’inchiesta avviata dopo la tragedia dai pm Salvatore Di Maio e Paola Izzo portò successivamente all’incriminazione di medici e dirigenti sanitari cosentini e degli amministratori di un’azienda produttrice di saponi sanitari. S’ipotizzò, infatti, che il batterio-killer si fosse propagato grazie al sapone entro cui era originariamente annidato. La Procura diretta da Dario Granieri, delimitò gli scenari, sollecitando il rinvio a giudizio di dieci persone. Davanti al gup, Francesco Luigi Branda, sono comparsi per primi gl’imputati che hanno scelto il rito abbreviato. Si tratta di Mario Giorlè e Maria Maddalena Guffanti, rispettivamente legale rappresentante e direttore di produzione tecnica della “Germo spa”(azienda produttrice del sapone) ai quali veniva contestato il reato colposo di commercio e distribuzione di sostanze adulterate in modo pericoloso per la salute pubblica. Ai due manager, difesi dall’avocato Lorenzo Marangoni, sono stati inflitti, ieri, sei mesi di reclusione (pena sospesa). Nelle scorse settimane, invece, sempre in sede di rito abbreviato, erano stati giudicati e assolti Pietro Leo e Maria Addolorata Vantaggiato, rispettivamente (al momento del fatto) direttore del dipartimento sanitario di medicina dell’azienda ospedaliera di Cosenza e responsabile del rischio clinico, finiti sott’inchiesta per omessa denuncia di reato. Leo e la Vantaggiato, difesi dagli avvocati Ernesto d’Ippolito, Antonio Vanadia e Francesca Stancati, avevano dimostrato la loro estraneità alle ipotesi di accusa contestate. Gli altri sei imputati, invece, proseguiranno il loro percorso giudiziario seguendo la rotta del rito ordinario. Si tratta dell’ex direttore generale dell’azienda ospedaliera, Paolo Gangemi, dell’ex direttore sanitario aziendale, Francesco De Rosa, e del direttore del centro trasfusionale, Marcello Bossio. I tre devono rispondere dell’ipotesi di reato di rifiuto d’atti d’ufficio. E, ancora, dell’ex direttore di presidio unico dell’Annunziata, Osvaldo Perfetti, che, insieme a Bossio, secondo la Procura, pur a conoscenza della contaminazione delle sacche ematiche provenienti dal centro di raccolta sangue di San Giovanni in Fiore, non avrebbero adottato misure idonee a salvaguardare Ruffolo. A Salvatore De Paola e Luigi Rizzuto, rispettivamente direttore sanitario e dirigente medico dell’ospedale di San Giovanni in Fiore, è contestato l’omicidio colposo. I familiari di Cesare Ruffolo si sono costituiti parte civile assistiti dagli avvocati Massimo e Paolo Coppa, Luigi Forciniti e Chiara Penna.