Diminuiscono gli omicidi di mafia, buoni risultati nell’aggressione ai patrimoni illeciti e nella cooperazione internazionale per il contrasto al crimine. Si è dichiarato moderatamente ottimista il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti nel presentare, ieri a Roma, nella Biblioteca del Senato, insieme con la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, la relazione della Dna per il 2014. «L’azione di contrasto della criminalità – ha evidenziato Roberti – deve essere sempre più priorità del governo». Anche perché Cosa Nostra rimane vitale e la ’ndrangheta è radicata da un capo all’altro del Paese, conta su solide proiezioni anche fuori confine, basa la sua forza sull'unitarietà dell'organizzazione e sui colossali introiti nella gestione del narcotraffico. Gli strumenti per combattere le organizzazioni criminali ci sono ma per il capo della Dna «è necessario applicarsi per farli sempre meglio». Non mancano suggerimenti alla politica: modifica della prescrizione, previsione di attenuanti per chi collabora per i reati di corruzione, interventi sul processo penale. Bisogna intervenire anche su reati ambientali, falso in bilancio e creare le condizioni per poter «gestire al meglio i beni sottratti definitivamente alla criminalità». Nella relazione si evidenzia la pericolosità di Cosa Nostra che anche nel 2014 ha continuato a dimostrare una «costante vitalità». Lo studio sottolinea come tale analisi non coincide con indicazioni di altri osservatori del fenomeno che teorizzano «una sorta di “balcanizzazione” di Cosa Nostra e un suo inarrestabile declino». La cattura di Matteo Messina Denaro rimane prioritaria. Per quanto concerne la ‘ndrangheta, nella relazione si parla di un’organizzazione unitaria, composta da una sorta «consiglio di amministrazione della holding» che elegge il suo «presidente». Del resto – osserva la Dna – «era difficilmente ipotizzabile che ad amministrare centinaia di milioni di euro, a governare dinamiche economiche in decine di comparti diversi e che attraversano, non solo l’Italia, ma buona parte del pianeta (dall’Australia al Sud America, dall’Europa al Nord America passando per tutti i possibili paradisi fiscali), potesse essere questione affidata allo spontaneismo anarcoide di gruppi criminali slegati, di decine e decine di cosche e locali, sorta di piccole monadi auto-referenziali». Le indagini hanno evidenziato a Reggio Calabria la perdurante posizione di assoluta primazia della ‘ndrangheta nel traffico internazionale di stupefacenti, ha generato, e continua a generare, «imponenti flussi di guadagni in favore della criminalità organizzata calabrese che reinveste, specie nel settore immobiliare, i proventi». Traffico consentito anche dal «controllo totalizzante del Porto di Gioia Tauro – rivela la Dna – dove gli ’ndranghetisti riescono a godere di ampi, continui, inesauribili, appoggi interni. Il Porto di Gioia è divenuto la vera porta d’ingresso della cocaina in Italia. Tra giugno 2012 e luglio 2013 quasi la metà della cocaina sequestrata in Italia (circa 1600 kg su circa 3700 complessivi ) è stata intercettata a Gioia Tauro». Sul fronte dell'impegno antimafia, guardando al passato, Roberti ha bacchettato la Chiesa: «È stata troppo a lungo silente. Viene ammazzato don Diana, poi don Puglisi: reazioni zero. Siamo dovuti arrivare al 2009 per iniziare a parlarne timidamente. Ora finalmente si è mosso qualcosa con Papa Francesco ma per decenni la Chiesa avrebbe potuto fare ma non ha fatto nulla. Papa Francesco ne parla apertamente ma sono dovuti passare altri 6 anni per la scomunica dei mafiosi». Bacchettate anche alle istituzioni statali: «La corruzione come l’evasione fiscale non è mai stata combattuta efficacemente, era tacitamente accettata, non era considerata un reato grave. Per questo la mafia se ne è servita. È invece un piombo alle ali della nostra economia». Poi sui fenomeni migratori: «L’immigrazione clandestina e la tratta possono alimentare il terrorismo internazionale».