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La ’ndrangheta
pigliatutto

  Dal monopolio nei traffici internazionali di droga alla capacità ormai consolidata di infiltrarsi in ogni angolo della “società sana”, la ’ndrangheta è diventata «una vera e propria emergenza nazionale». Qualora ce ne fosse ancora bisogno, il presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, Domenico Introcaso, ha lanciato ieri l’ennesimo grido d’allarme: «Emerge chiaro il rilievo di una sprovincializzazione della ’ndrangheta, che ha assunto le dimensioni di un fenomeno nazionale ed internazionale, acquisendo le peggiori connotazioni delle altre organizzazioni criminali. C’è una ragione in più, allora, per considerare l’emergenza mafiosa del territorio come emergenza nazionale, alla quale fare fronte apprestando opportuni rimedi, con il potenziamento del settore investigativo e giudiziario cui non andrebbero lesinate le necessarie risorse economiche». Il principale problema del Distretto (che comprende anche le province di Cosenza, Vibo Valentia e Crotone) è la carenza di organico sia tra i magistrati che per quanto riguarda il personale amministrativo. La conseguenza, secondo Introcaso, è «un rischio paralisi incombente» per i Tribunali di Catanzaro, Paola e Vibo Valentia. Condizione di assoluta difficoltà anche per la Direzione distrettuale antimafia, alla quale comunque il nuovo procuratore generale Raffaele Mazzotta (insediatosi appena giovedì scorso) ha garantito l’applicazione di nuovi magistrati rivolgendosi direttamente al procuratore Vincenzo Antonio Lombardo: «Maldrado tutto, la Dda ha ottenuto risultati brillanti anche sul fronte dell'aggressione ai patrimoni illeciti. Tutti dobbiamo essere vicini a quest’ufficio». Situazione in chiaroscuro anche a Reggio Calabria, dove secondo il presidente della Corte d’Appello, Giovanni Battista Macrì, «la crisi della giustizia ha un solo nome: lentezza dei tempi di decisione dei giudizi, civili e penali, che mina la certezza delle situazioni giuridiche, ostacola lo sviluppo economico e gli investimenti di impresa, elide l’effetto deterrente della pena, alimentando la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni. È chiara – ha proseguito il presidente – ormai la causa: una legislazione sostanziale invasiva, che produce, per un verso, un contenzioso civile a volte corrivo e fittizio e, per l’altro, espande l’area di rilevanza penale sino a ricomprendervi fatti di modesto allarme sociale. Vi fa riscontro un apparato processuale vetusto e pletorico, che sacrifica il valore della giustizia sull’altra di un esasperato garantismo. La combinazione di questi fattori – ha ribadito Macrì –ha prodotto un arretrato impressionante, la palla al piede di qualsiasi riforma di merito e di rito». Da parte sua il procuratore della Repubblica Federico Cafiero De Raho ha parlato della ’ndrangheta: «Le cosche della provincia di Reggio rimangono centrali nella struttura complessiva e da esse bisogna partire per ricostruire l’albero della ‘ndran - gheta; sono la “casa madre”, cui tutte le altre fanno riferimento. La ’ndrangheta calabrese – ha aggiunto – è, sul piano internazionale, la più attiva, con particolare riferimento al traffico di stupefacenti. Il racket è attività presente oltre ogni soglia di tollerabilità, eppure si contano sulle dita di una sola mano le persone offese che ricorrono alla polizia giudiziaria e alla magistratura per difendere i propri diritti, la propria dignità, sociale e umana, la propria libertà». 

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