Blitz e arresti lungo l’asse che attraversa i monti della Limina e la Vallata del Torbido, tra Piana di Gioia Tauro e la Locride. Tra i centri montani di Giffone e Grotteria cinque persone sono state arrestate, con l’accusa di associazione mafiosa, alle prime luci dell’alba di ieri mattina dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria. I provvedimenti restrittivi sono scattati a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura distrettuale antimafia della città dello Stretto. L’ordinanza, firmata dal gip reggino Adriana Trapani, è stata emessa nei confronti di Giuseppe Larosa, 49 anni, di Giffone, Pasquale Valente, 52 anni, di Giffone, Salvatore Bruzzese, 62 anni, di Grotteria, Antonio Mandaglio, 67 anni, di Giffone e Vincenzo Carlino, 60 anni, di Grotteria. Il provvedimento restrittivo è scattato a seguito del fermo, da parte della Dda di indiziato di delitto, maturato il 18 novembre scorso, nell’ambito dell’operazione antimafia “Insubria” (circa 40 i provvedimenti restrittivi emessi) e scattata lungo l’asse Lombardia-Calabria, nei confronti, rispettivamente, di Larosa, Valente e Bruzzese, ritenuti inseriti con cariche importanti, secondo l’accusa, nei quartieri alti dei “locali” di ‘ndrangheta di Giffone e Grotteria. Per Larosa e Valente il gip del Tribunale di Palmi aveva convalidato il fermo e rimesso gli atti a quello di Reggio Calabria, avendo rilevato – come da prassi e rito – la propria incompetenza funzionale. Per il grotterese Bruzzese, invece, l’autorità giudiziaria di Locri aveva ordinato l’immediata liberazione dell’indagato non ritenendo sufficientemente grave il quadro indiziario a suo carico. Secondo quanto affermato dagli investigatori e dai magistrati antimafia reggini, dalle capillari e prolungate indagini basate in particolare su intercettazioni e dichiarazioni di collaborati di giustizia, sarebbe emersa in particolare l’importante figura di Giuseppe Larosa, alias “Peppe la mucca”. Il reggino, secondo l’accusa, oltre ad essere in possesso della dote di “mammasantissima”, avrebbe anche occupato un ruolo di vertice nella ‘ndrangheta e in particolare nell’articolazione territoriale riconducibile al “locale”di Giffone. Locale, questo, sempre secondo quanto sostenuto dagli investigatori del Ros di Reggio Calabria e Milano, al quale sarebbero subordinate le aggregazioni malavitose operanti nella Brianza comasca e nel Lecchese: Cermenate, Fino Mornasco e Calolziocorte.