Proiettili calibro nove per il sindaco, il vice (l’ultimo “avvertito” in ordine di tempo, ndr) e un consigliere comunale con delega al personale. Il tutto in appena ventiquattro ore. È la spia che segnala la scelta delle cosche di innalzare lo scontro fino al livello istituzionale. Amantea riscopre così, improvvisamente, antiche angosce e si riappropria dei suoi silenzi, quei silenzi che in passato l’hanno resa subalterna alle logiche della cosca Gentile-Besaldo. Anche ora la paura entra nelle case della gente che vive onestamente, la paura che porta altre paure e che tutti in Calabria, purtroppo, continuano ad avere. Una paura che rischia di zavorrare l’indagine sugli attentati alla politica locale. Le pallottole in busta inviate ai tre rappresentanti del governo cittadino costituiscono il promemoria, l’invito a non dimenticare che la costa tirrenica cosentina è un feudo dei califfi della ’ndrangheta. Qui, negli anni, i boss e i loro reggipanza hanno dettato regole e leggi, hanno scandito i ritmi di vita della comunità, hanno imposto mazzette e trafficato in droga. Oggi, la guida dell’onorata società del Basso Tirreno è in fase di aggiornamento. Ci sono i giovani rampolli che, dopo aver allargato alleanze con “amici e amici degli amici” di Gioiosa Ionica, pretendono maggiore spazio dai vecchi padrini che non vorrebbero piegarsi. In mezzo a questo scontro in atto nelle viscere del clan, fermenta la rabbia dei mafiosi che proprio nelle scorse settimane si sono visti privare di parte del loro tesoro immobiliare. Il Comune, nei prossimi giorni, dovrebbe registrare le manifestazioni d’interesse per le quattro mega- ville passate nei patrimoni dello Stato. I proprietari sono tutti saldamente ancorati alla ’ndrangheta, secondo l'Agenzia nazionale dei beni confiscati che, nelle scorse settimane, ne aveva ordinato lo sgombero. Entro il 17 novembre, poi, gli immobili dovranno essere svuotati dai precedenti occupanti. Sarà l’ultimo atto della procedura che consentirà il trasferimento di proprietà dei quattro edifici allo Stato. Negli ultimi giorni, i vertici provinciali di carabinieri e guardia di finanza hanno avviato una fase di incontri con l’amministrazione municipale. L’obiettivo è quello di trasferire proprio nelle ville i presidi locali dei due Corpi. Provvedimenti perfettamente in linea con gli scopi della legge “Rognoni-La Torre” quella che permette allo Stato di ridurre alla fame boss e picciotti. Del resto, i boss il carcere lo possono pure fare ma senza i soldi non possono stare. Se gli tolgono quelli ai mafiosi, gli tolgono tutto. Un solo euro sequestrato è peggio di un mese di galera, una loro villa che diventa di proprietà dello Stato è uno smacco troppo grande, perchè con i quattrini rischiano di perdere la faccia davanti alla gente. E l’avvicinarsi al definitivo abbandono delle ville (che valgono, complessivamente, circa 15 milioni di euro) potrebbe aver innervosito i boss. Una rabbia che fa paura. Del resto la radiografia della cosca Gentile-Besaldo è emersa chiaramente negli anni grazie all’inchiesta “Nepetia”. Una indagine che aveva scolpito il ruolo esercitato dalla cosca del Basso Tirreno nello scacchiere criminale della provincia cosentina. È la traccia che affiora da due giorni di indagini. Investigazioni che sono saldamente nelle mani dei detective dell’Arma. Il colonnello Giuseppe Brancati pretende il massimo da questa inchiesta e ha messo in campo il meglio dell’intelligence affidandone il coordinamento al Nucleo investigativo del Provinciale, guidato dal capitano Michele Borrelli, insieme alla Compagnia di Paola, al comando del capitano Antonio Villano. Per questa mattina è previsto un vertice della maggioranza per strutturare iniziative politiche e sociali da contrapporre all’offensiva della ’ndrangheta. In cantiere potrebbe esserci anche un consiglio comunale aperto alla presenza del prefetto Gianfranco Tomao.