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Parla il primo
pentito dei Giampà

 Gli avvocati Giovanni Scaramuzzino e Giuseppe Lucchino che aggiustavano gli incidenti stradali per truffare le assicurazioni e far incassare i soldi al boss Giuseppe Giampà, la candidata al Comune lametino Tiziana D’Agosto, anche lei avvocato, che chiedeva voti al clan, così come Gianpaolo Bevilacqua ex capogruppo di Forza Italia alla Provincia catanzarese. Tutti particolari che ieri in cinque ore d’interrogatorio il pentito Angelo Torcasio ha raccontato al Tribunale di Lamezia Terme che sta giudicando 22 imputati accusati di associazione o concorso esterno con il clan Giampà nell’operazione “Perseo”. Angelo Torcasio è il primo pentito di spessore della cosca ormai decimata sotto i colpi dei collaboratori di giustizia. Con Torcasio adesso ci sono una quindicina di pentiti, tra cui il boss Giuseppe Giampà. Ieri è stato interrogato dal pubblico ministero Elio Romano. Il collaboratore parlava in videoconferenza da un «sito riservato». 31 anni, da quasi tre protetto dallo Stato, il pentito ha descritto tutto l’odio che aveva contro i Torcasio, suo clan familiare, dove spesso ci si ammazzava tra parenti. A lui avevano ucciso il fratello Antonio. Prima di lui era stato ammazzato suo padre, davanti agli occhi dei figli. «Quando dovevo uccidere qualcuno, ma vicino alle vittime c’erano mogli e figli, rinunciavo a sparare. Aspettavo che fossero da sole», ha confessato ieri candidamente il killer. «Sono passato con i Giampà per vendicare mio fratello », ha chiarito. Poi ha descritto la mattanza tra i clan Giampà e Torcasio-Cerra-Gualtieri dalla fine degli anni Novanta al 2011. Almeno una decina di omicidi. Non tralasciando rivelazioni sugli assetti della cosca Giampà tra la vecchia guardia capeggiata da Vincenzo Bonaddio, cognato del “Professore” Francesco Giampà, capo storico in galera da anni, e il giovane rampollo ventenne del boss, Giuseppe Giampà. Che qualche anno prima d’essere arrestato e pentirsi, aveva preso in mano lo scettro di una delle più  feroci cosche lametine.

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