Nella “la bionda”. Cinquantanove anni, paolana, in carcere da ventiquattro mesi, questa donna che ha le pupille come scintille è indicata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro come il “reggente” di uno dei clan più antichi e temuti dell’alta Calabria. I Serpa, a Paola, rappresentano da decenni un potere parallelo a quello dello Stato. Un potere che hanno conquistato combattendo guerre di mafia e sopportando in silenzio la galera. Mario Serpa, il capo carismatico della consorteria, è in carcere da vent’anni per omicidio e – così sostiene la pubblica accusa –da dietro le sbarre avrebbe “benedetto” il ruolo apicale della cugina nell’ambito della cosca. Una cosca indebolita dal pentimento di due esponenti di un altro ramo della famiglia, Giuliano e Ulisse Serpa, ma ancora attiva e pugnace lungo tutta la fascia tirrenica cosentina. Intorno a Nella ruoterebbero – a parere del procuratore distrettuale Antonio Vincenzo Lombardo e del pm antimafia Pierpaolo Bruni – interessi variegati legati all’imprenditoria turistica e ricettiva e alla fornitura di servizi agli enti pubblici. Ieri la Guardia di finanza ed i carabinieri hanno sequestrato beni del valore di 11 milioni di euro in esecuzione di un decreto emesso dal Tribunale per le misure di prevenzione di Cosenza (presidente Enrico Di Dedda; Pingitore e Gallo a latere) su richiesta del pm Bruni. I sigilli giudiziari sono stati apposti su appartamenti, quote societarie, polizze assicurative, un bar, due strutture ricettive e un lido il “Jamaica”. Ma c’è di più. Da circa 20 anni –secondo gli inquirenti –una ditta riconducibile alla Serpa agiva in regime di quasi monopolio nell’aggiudicazione di lavori nel settore pubblico. Si tratta della «Clima planet system», operante nel settore dell’installazione di impianti idraulici, che ha ottenuto, per anni, lavori anche dall’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza e dal Comune di Paola. Lavori ottenuti grazie all’affidamento diretto. Un aspetto questo su cui la Dda di Catanzaro e gl’investigatori stanno facendo ulteriori accertamenti. Nel corso del blitz compiuto ieri sono stati pure sequestrati 600.000 euro in contanti. Ma quanto temuta, rispettata e forte fosse Nella “la bionda” prima d’essere arrestata dai carabinieri, l’ha spiegato un killer pentito. Si chiama Adamo Bruno e venne assoldato nel 2007 per eliminare, in cambio di 50.000 euro, vari esponenti del clan Serpa. Alla prima “missione”, tuttavia, l’uomo sbagliò clamorosamente bersaglio uccidendo un incolpevole operaio forestale – Antonio Maiorano – e decise perciò di collaborare con la giustizia. Il sicario racconta di una riunione tenuta dai componenti del clan Martello - Scofano durante la quale molti insistevano perché Nella venisse assassinata prima di chiunque altro perché disponeva di denaro e poteva reclutare “azionisti” da contrapporre al gruppo rivale. I cugini della “bionda”, Ulisse e Giuliano Serpa, indicano la donna come partecipe alle attività della cosca tanto da essere personalmente impegnata nei summit convocati per pianificare attività delittuose come, per esempio, l’omicidio di Luciano Martello, avvenuto davanti a un ristorante di Fuscaldo nell’estate del 2007. Non solo: sempre Giuliano Serpa addebita alla cugina d’aver dato l’ordine di ammazzare Rolando Siciliano, un giovane paolano che riteneva corresponsabile dell’agguato costato la vita al fratello, Pietro, caduto sotto i colpi dei killer nel parcheggio di un albergo della cittadina tirrenica. Il provvedimento di sequestro eseguito da finanzieri e carabinieri si basa sull’assunto che Nella Serpa «abbia condotto in passato e conduca attualmente un tenore di vita superiore alle proprie possibilità economiche». Un’accusa tutta ancora da dimostrare che coinvolge non solo la presunta “reggente” ma pure i suoi diretti congiunti. L’udienza per decidere sulla eventuale confisca dei beni sollecitata dal pm Bruni si svolgerà il 17 dicembre prossimo.