La Sibaritide conferma d’essere una piccola grande oasi naturale. Nonostante mani criminali provino a sporcarla e inquinarla come peggio non potrebbero, la piana che fu di Sybaris e Thurii resta un angolo di paradiso. Almeno così racconta, a modo suo, la cicogna bianca che da anni proprio qui sceglie di restare mesi e completare la stagione riproduttiva. Lo spiega il naturalista Salvatore Golia, referente della Lipu (Lega italiana protezione uccelli) e responsabile dell’attività di monitoraggio Progetto “Cicogna bianca Calabria” per l’area di Sibari. Assieme ai volontari Marilena Salerno e Kathatrina Werner, della Lipu di Rende, ha monitorato la nidificazione della specie. «Sono 38 gli esemplari di Cicogna bianca nati quest’anno a Sibari – spiega il professionista – e che a breve lasceranno la Calabria per affrontare il lungo viaggio di ritorno in Africa». Nel 2006, anno dell’avvio del progetto, c’era un’unica coppia nidificante mentre quest’anno sono state undici su un totale di diciotto presenti in regione. Golia sottolinea che è stato possibile grazie all’iter “Cicogna bianca Calabria” mirato a «favorire il ritorno di questa specie (assente in Calabria da oltre 400 anni) tramite l’installazione di piattaforme artificiali sui pali e tralicci elettrici predisposti dalla Lipu di Rende in collaborazione con Enel. Oltre a essere una specie protetta la cicogna è anche carismatica, una specie bandiera per la grande importanza nella conservazione della natura e per il ruolo chiave negli ecosistemi». Non è finita. Salvatore Golia sottolinea che quest’anno, per la seconda volta, a Sibari ha nidificato pure la tartaruga marina Caretta caretta. «Ciò testimonia che le acque e gli ecosistemi marini calabresi riescono ancora in qualche modo ad essere integri». Lo specialista cita pure un’altra specie di pregio naturalistico e interesse comunitario presente sulle coste sibarite: il giglio di mare, importante per il consolidamento della duna costiera poiché grazie alla sua forma bulbosa riesce a trattene i granellini di sabbia formando, appunto, le dune costiere che limitano il fenomeno dell’erosione».