Bombe, incendi, proiettili, minacce a mano armata: l’A3 è ancora ostaggio della ’ndrangheta. Da dieci anni sentiamo parlare di protocolli di sicurezza, accessi di squadre investigative interforze nei cantieri, di arresti e, in taluni casi, persino dell’impiego di reparti dell’esercito in funzione di vigilanza armata come se fossimo nella provincia afgana di Herat o nell’area petrolifera irachena di Mosul. Eppure né soldati, né protocolli, né spesso tardive ordinanze di custodia cautelare, hanno affrancato i lavori di ammodernamento della Salerno-Reggio dalle cosche. Anzi, nella zona centrosettentrionale della Calabria è come se boss e picciotti si divertissero a sfidare le Istituzioni. Una sfida lanciata con la loro arma prediletta: le fiamme. L’altra sera nei cantieri allestiti a ridosso dell’ameno comune di Laino Borgo, luogo nel quale di lupare e di coppole non si è mai sentito parlare, sono stati dati alle fiamme due escavatori di un’azienda impegnata negli interventi di rifacimento autostradali. Il danno dal punto di vista economico è stato enorme: così, d’altronde, doveva essere perché il messaggio arrivasse dritto e forte ai titolari dell’impresa. Immediata la risposta delle forze dell’ordine: il questore Luigi Liguori ha inviato sul posto i suoi uomini e sta monitorando la situazione. Il prefetto di Cosenza, Gianfranco Tomao, ha convocato per stamane il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.