Si delineano con maggiore precisione le singole responsabilità delle otto persone coinvolte nel progetto di trasferire la latitanza di Amedeo Matacena in Libano. Le accuse per quattro indagati – procurata inosservanza della pena e interposizione fittizia del patrimonio - si sono quantomeno attenuate dopo la prima tornata di decisioni dei giudici del Tribunale della libertà di Reggio. A partire dalla signora Raffaella De Carolis passando al factotum Martino Politi, dal ragioniere Antonio Chillemi (amministratore di una delle società dell’armatore) alla segretaria di Claudio Scajola, Roberta Sacco. Chi ha trovato la completa libertà e chi ha usufruito del beneficio della detenzione domiciliare. Il cuore dell’inchiesta “Breakfast”, il troncone che ha accertato la fuga all’estero di Amedeo Matacena per sottrarsi alla condanna definitiva a cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione di ’ndrangheta, si sviluppa sempre di più sul filone investigativo che vede coinvolti l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, Chiara Rizzo (la moglie di Amedeo Matacena junior) e l’imprenditore calabrese trasferitosi a Beirut dove ha sposato una donna libanese, Vincenzo Speziali (solo indagato). Ci sarebbero soprattutto queste tre persone, con profili di responsabilità diverse, dietro il duplice piano dell’ex deputato condannato per collusioni con la cosca di ’ndrangheta Rosmini. Un patto di ferro che secondo gli 007 della Dia di Reggio Calabria si evincerebbe dalla miniera di informazioni ricavate dai documenti rinvenuti a “villa Ninina” a Imperia, la residenza dell’ex titolare del Viminale. Ancora davanti al Tribunale della libertà di Reggio si giocherà nelle prossime settimane una partita chiave dell’intera inchiesta. Prima il riesame della posizione di Claudio Scajola e Chiara Rizzo e poi la discussione sull'appello della Procura antimafia contro la decisione del gip di negare l’aggravante mafiosa nei confronti delle nove persone finite sul registro degli indagati. Intanto i legali di Chiara Rizzo, dopo l’interrogatorio con i pm Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio, insistono sulla «insussistenza delle esigenze cautelari ». Nell’istanza, i legali della moglie di Matacena sottolineano come le prime decisioni del Tribunale del riesame che hanno annullato l'ordinanza custodiale nei confronti di tre coindagati «riguarda i medesimi reati per cui la signora Rizzo rimane in carcere».