
È approdata davanti ai giudici di secondo grado l’operazione “Medusa”, l’azione giudiziaria che il 29 giugno del 2012 si tradusse con l’arresto di ben 36 persone che poi furono condannate in primo grado il 17 maggio dello scorso anno. Torna quindi alla ribalta della cronaca giudiziaria la prima delle operazioni antimafia messe a segno dalla Dda di Catanzaro. Ieri, infatti, davanti ai giudici della Corte di Appello di Catanzaro (Anna Maria Saullo presidente, a letare Antonio Sarago e Antonio Giglio) è iniziato il processo di secondo grado che vede imputati tutti coloro i quali lo scorso anno furono condannati, in abbreviato, dal giudice dell’udienza preliminare di Catanzaro, Giovanna Mastroianni, capi e gregari della cosca Giampà. Un gruppo criminale ‘ndranghetistico, come scrivono i magistrati in diverse ordinanze, che «deturpa una delle maggiori città calabresi e che condiziona pesantemente lo sviluppo economico-politico sociale della città della piana». In primo grado furono inflitti complessivamente 284 anni di reclusione. Dal giudice le condanne furono aumentate rispetto alle richieste formulate dal pubblico ministero Elio Romano, che aveva comunque chiesto la condanna di tutti gli imputati che a vario titolo erano accusati di associazione mafiosa, usura, danneggiamento, detenzione abusiva di armi e favoreggiamento. Il processo d’appello sarà celebrato nell’aula bunker di Via Paglia, l’unica attrezzata a contenere l’elevato numero di imputati detenuti, e attrezzata per i collegamenti in video conferenza con gli imputati ristretti in regime di 41 bis.
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