Dopo averlo annunciato tramite i media quando era ancora libera, Chiara Rizzo ha ora la possibilità di raccontare la sua verità ai magistrati che l'hanno fatta arrestare con l'accusa di avere favorito la latitanza del marito Amedeo Matacena - condannato a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa - e di averne schermato le società per sottrarle ad eventuali confische.
L'appuntamento è alle 11.30 di oggi nel carcere reggino di Arghillà, dove la donna si trova da martedì sera, per l'interrogatorio di garanzia davanti al gip Olga Tarzia. Un appuntamento che giunge all'indomani della fissazione dell'udienza in cui il Tribunale del riesame dovrà decidere sull'appello presentato dalla Dda per vedere contestata l'aggravante mafiosa alla stessa Rizzo, a Claudio Scajola e alle altre persone arrestate. Udienza che sarà celebrata tra un mese, il 19 giugno, e che potrebbe cambiare non poco la posizione degli indagati. Nel frattempo Chiara Rizzo dovrà comunque difendersi dalle accuse che le sono state mosse dai pm Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio. Sempre che non decida di avvalersi della facoltà di non rispondere, in attesa di essere sentita dai pm. Decisione che sarà presa solo dopo che il gip avrà valutato le eccezioni che i legali della donna, gli avvocati Bonaventura Candido e Carlo Biondi, presenteranno prima dell'inizio dell'interrogatorio sul prolungamento del divieto di colloquio con la loro assistita.
Se deciderà di rispondere, sono tante le domande che i pm hanno in serbo per Chiara Rizzo, a cominciare dai rapporti con Scajola, definito nell'ordinanza di custodia cautelare come completamente "asservito" alle necessità della donna. Ma perché lo era? L'ex ministro dell'Interno non era legato solo da vincoli di amicizia a Matacena ed alla moglie, ma, secondo l'ipotesi dell'accusa da cui nasce la richiesta di contestare l'aggravante della mafiosità, facevano 0000parte, insieme agli altri arrestati, "di un'associazione segreta collegata alla 'ndrangheta" che ha fornito un "qualificato contributo" al sistema delle cosche, diventando "terminale di un complesso sistema criminale". Un sistema finalizzato, tra l'altro, ad ottenere la candidatura di Scajola al Parlamento europeo, vista l'impossibilità di Matacena a farlo. Scajola, dunque, per i pm diventa "l'interlocutore destinato, in caso di elezione, ad operare" nella gestione e destinazione dei "finanziamenti", dal momento che la 'ndrangheta "ha necessità di disporre di parlamentari europei per canalizzare gli enormi flussi di denaro che derivano dai contributi gestiti in sede comunitaria". Tutti interrogativi che Chiara Rizzo potrebbe adesso chiarire.
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