Un immenso patrimonio da salvaguardare. Amedeo Matacena junior conviveva con il timore che gli potessero «sequestrare e confiscare» i beni di sua proprietà. Aziende e quote societarie, immobili e conti correnti. Un impero di 50 milioni di euro. Una strategia difensiva smascherata dai magistrati della Dda di Reggio: «Una condotta fraudolenta che veniva posta in essere allorquando diveniva definitiva la sentenza di condanna ». Come puntualmente verificatosi il 5 giugno 2013. L’operazione prevedeva la “schermatura” del tesoro dell’armatore ed ex parlamentare “azzurro”: «Matacena dominus sostanziale dell’intera operazione di mascheramento; Chiara Rizzo anello di congiunzione indispensabile tra Matacena e gli ulteriori protagonisti della vicenda; Raffaella De Carolis e Martino Politi soggetti incaricati di operare nella veste di intermediari qualificati». Un “modus operandi” che Matacena junior, sono convinti gli 007 della Dia, aveva già avviato da quando era finito nei guai giudiziari con la condanna in primo grado per un’ipotesi di corruzione a un magistrato del Tar subita nell’ottobre 2012. Non hanno dubbi il procuratore Federico Cafiero de Raho, il sostituto Dda Giuseppe Lombardo e il pm Dna Francesco Curcio: «Matacena aveva quindi cercato di mettere a riparo l’importante attività imprenditoriale mascherando la sua presenza quale titolare di fatto delle società Ulisse e Amedeus Spa».
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