Esisteva un gruppo di 'amici', tra i quali anche l'ex ministro Claudio Scajola, che lavorava per fare in modo che Amedeo Matacena non fosse sottoposto all'esecuzione della condanna comminatagli. E' quanto rileva il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Reggio Calabria, Olga Tarzia, nell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Scajola e di altre sette persone.
Le conversazioni registrate tra la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, e l'ex parlamentare, Claudio Scajola, consentivano di "apprezzare - afferma il giudice - l'esistenza tra i due di ottimi e consolidati rapporti personali e di sicure cointeressenze economiche". "Ancor prima - prosegue il Gip - della decisione della Corte di Cassazione del 5 giugno 2013 che rigettava il ricorso del Matacena contro la sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria del 18 luglio 2012 che condannava l'imputato alla pena di anni 5 di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, rendendo definitiva la sentenza a carico dell'armatore, erano intervenute svariate conversazioni tra Chiara Rizzo, il citato Scajola, una collaboratrice dello stesso ed altri personaggi comunque legati a Matacena e desiderosi di aiutarlo". "Secondo le cadenze - conclude il giudice - delle conversazioni intercettate, intervallate da servizi di controllo e videoriprese che corroborano la prospettiva investigativa di un intenso lavoro svolto dagli "amici" per garantire che Matacena non fosse sottoposto all'esecuzione della grave pena che gli era stata comminata". (ANSA).
Nella foto la moglie di Amedeo Matacena Chiara Rizzo (D) e la segretaria di Matacena Maria Grazia Fiordalisi (s) mentre si scambiano delle banconote
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