È nella produttiva Brianza che le cosche della ’ndrangheta hanno pensato bene di installare una sorta di “banca clandestina” che movimentava «centinaia e centinaia di milioni di euro» attraverso un reticolo di società usate per riciclare capitali illeciti e spesso tolte dalle mani degli imprenditori ormai in crisi. È questo l’ennesimo capitolo dell’incontrovertibile espansione della mafia calabrese al Nord, una realtà consolidata che è stata portata alla luce da un’inchiesta della Dda di Milano che ha fatto emergere come «altro dato nuovo e preoccupante» la stretta collusione tra l’imprenditoria locale e i clan, oltre a una serie di estorsioni avvenute ai danni anche di dirigenti di società di calcio, del Genoa e della Spal. Con un blitz della Squadra mobile, coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pm Giuseppe D’Amico, è stata smantellata, infatti, la potentissima “locale”, ossia una cosca “in termini” ’ndranghetisti, di Desio, capeggiata da Giuseppe Pensabene, 47 anni, originario di Reggio Calabria ma residente a Seveso. Il gip ha quindi firmato l’ordinanza di custodia a carico di 40 persone (21 in carcere e 19 ai domiciliari).
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