La Corte di Cassazione ha annullato "con rinvio", ovvero ordinando un nuovo processo d'appello, due condanne dell'inchiesta Minotauro sulla presenza della 'ndrangheta nel Torinese.
La sentenza riguarda due imputati del filone d'indagine "Crimine": uno è Francesco D'Onofrio, un ex militante di Prima Linea che secondo l'accusa era entrato nella criminalità organizzata di matrice calabrese. Condannato a dieci anni, aveva sempre respinto l'accusa: "Io dissento totalmente dalla mafia".
Il secondo imputato è Francesco Tamburi, titolare di una nota pizzeria di Grugliasco (Torino), il quale, secondo le indagini, era salito nella scala gerarchica della 'ndrangheta fino alla carica di "capo società". Anche lui si era sempre professato innocente. Le condanne di D'Onofrio e Tamburi furono le prime ad essere pronunciate dal tribunale di Torino nel quadro dei procedimenti in cui si articolava Minotauro. La militanza in Prima Linea aveva portato D'Onofrio ad essere arrestato negli anni Ottanta. In seguito si sarebbe avvicinato alla criminalità organizzata. D'Onofrio, che è originario di Vibo Valentia, ha spiegato che frequentava molti calabresi ma che non per questo era diventato mafioso.
Nell'inchiesta Minotauro figura avere partecipato - con altri presunti 'ndranghetisti - ad un incontro elettorale con l'assessore regionale Claudia Porchietto. Interrogato in proposito direttamente dal procuratore Gian Carlo Caselli, ha ammesso la sua presenza con una serie di distinguo: "Figuratevi se sono d'accordo con quelle idee politiche. Ho anche affermato che secondo me diceva delle sciocchezze". Per lui è stato annullato "senza rinvio" un capo d'accusa che riguardava la violazione della legge sulle armi: fu notato mentre consegnava a un altro uomo un giornale arrotolato in modo tale che sembrava contenere qualcosa. Ad assistere Tamburi e D'Onofrio c'erano gli avvocati Aldo Albanese e Roberto Lamacchia.
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