Il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, è stato prosciolto dall’accusa di tentato abuso d’ufficio nell’ambito del procedimento seguito all’inchiesta sulla stipula del "Patto di Legislatura" tra la Regione e l’Aiop. La sentenza è stata emessa dal giudice dell’udienza preliminare di Catanzaro, Assunta Maiore, cui il pubblico ministero titolare delle indagini, Gerardo Dominijanni, aveva ribadito la propria richiesta di rinvio a giudizio al termine della requisitoria, lo scorso 20 giugno. Secondo l’accusa, la finalità di questi accordi sarebbe stata quella di favorire la sanità privata e, in particolare, il consigliere regionale Claudio Parente titolare di residenze sanitarie per anziani.
Il giudice, invece, ha accolto la richiesta dei difensori di Scopelliti, gli avvocati Aldo Labate e Nico D’Ascola, e ha scagionato il governatore calabrese «perchè il fatto non sussiste». La difesa, in particolare, ha evidenziato soprattutto come l’atto incriminato non abbia avuto, nella realtà, alcun valore, tanto che poi fu revocato. In più, nessuna delle strutture sanitarie riconducibili al dott. Claudio Parente avrebbe potuto beneficiare di quanto indicato negli accordi in quanto erogavano altri tipi di assistenza medica.
Il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, è stato prosciolto dall’accusa di tentato abuso d’ufficio nell’ambito del procedimento seguito all’inchiesta sulla stipula del "Patto di Legislatura" tra la Regione e l’Aiop. La sentenza è stata emessa dal giudice dell’udienza preliminare di Catanzaro, Assunta Maiore, cui il pubblico ministero titolare delle indagini, Gerardo Dominijanni, aveva ribadito la propria richiesta di rinvio a giudizio al termine della requisitoria, lo scorso 20 giugno. Secondo l’accusa, la finalità di questi accordi sarebbe stata quella di favorire la sanità privata e, in particolare, il consigliere regionale Claudio Parente titolare di residenze sanitarie per anziani.Il giudice, invece, ha accolto la richiesta dei difensori di Scopelliti, gli avvocati Aldo Labate e Nico D’Ascola, e ha scagionato il governatore calabrese «perchè il fatto non sussiste». La difesa, in particolare, ha evidenziato soprattutto come l’atto incriminato non abbia avuto, nella realtà, alcun valore, tanto che poi fu revocato. In più, nessuna delle strutture sanitarie riconducibili al dott. Claudio Parente avrebbe potuto beneficiare di quanto indicato negli accordi in quanto erogavano altri tipi di assistenza medica.