
A gestire il fiume di hascisc, con qualche “affluente” di cocaina, proveniente ogni settimana dalla Francia era «un gruppo particolarmente organizzato e agguerrito, che si forma e ha residenza territoriale nella Piana di Gioia Tauro, operando a metà fra lo spaccio al dettaglio e la grande importazione dall’Estero », ha spiegato il procuratore aggiunto Michele Prestipino Giarritta. Un gruppo pericoloso, perché in grado di rigenerarsi anche dopo gli arresti e per ché godeva dell’ombrello protettivo della ’ndrangheta. Ancora Prestipino: «I personaggi preminenti di questa organizzazione, pur non essendo formalmente affiliati alle cosche, hanno costanti e ottimi rapporti con i vertici della 'ndrangheta». E anche se le indagini non hanno provato il pagamento di una “tangente” o di una quota dei profitti del traffico di droga ai clan della Piana, «è prassi – ha concluso Prestipino – che venga richiesta una quota dei profitti. Succede per le attività legali come per le attività illecite». A dirigere l’import nella Piana di Gioia Tauro era Girolamo Magnoli, un personaggio già noto alle forze dell’ordine per essere stato più volte lambito da precedenti operazioni antidroga nella Piana, che poteva contare sul suo omonimo ma più giovane cugino residente a Marsiglia, per gestire l’intera logistica del traffico e i rapporti con i responsabili delle forniture. E poi c’era anche un’altra organizzazione diretta da tale «Potò, alias Budù, alias Patù – che non è stato identificato così come emerge dall’ordinanza – e i suoi intermediari», che aveva rapporti diretti con Magnoli jr e Jean Francois Serfati, francese di origine maghrebina identificato come uno dei vertici del gruppo che aveva eletto Marsiglia a propria base logistica. «In Francia – ha affermato il procuratore Federico Cafiero de Raho – c’era una vera e propria base formata tanto da emigranti di origine calabrese come da francesi di origine maghrebina ». Erano questi ultimi a organizzare l’arrivo della droga in Italia, dove veniva ceduta non solo al gruppo-madre, stabilmente residente nella Piana, ma anche ad altre organizzazioni operanti a Palermo e provincia, e da qui ad altri gruppi residenti in provincia di Agrigento, di Ragusa, a Roma e provincia, a Savona e provincia, stabili acquirenti dello stupefacente, poi distribuito nei mercati di rispettiva competenza. Ma è soprattutto con Palermo, «con la famiglia mafiosa di Brancaccio», ha voluto sottolineare ancora Prestipino che il gruppo sembrava avere consolidati rapporti. Ma questa sinergia Palermo-Piana non è certo una novità per gli investigatori. «Si tratta di relazioni non occasionali e non nuove.
Molti dettagli negli articoli che trovate sul nostro giornale
Caricamento commenti
Commenta la notizia