Ecco cosa rimane dell’escavatore incendiato da ignoti a Grisolia. Uno scheletro inquietante, un rottame. Il mezzo era utilizzato nei lavori di riefficientamento della rete fognaria che l’impresa aggiudicataria, sta eseguendo. Un danno enorme di oltre 50 mila euro, che ha messo in ginocchio la ditta, titolare un giovane imprenditore di Acri. Il mezzo, posto sotto sequestro, pare non fosse neanche coperto da assicurazione. Immagini, purtroppo, non nuove in questa Calabria, anzi drammaticamente frequenti, diventate l’emblema della sopraffazione della criminalità organizzata, di un racket delle estorsioni che attanaglia, soffoca anche l’imprenditoria edile, soprattutto quella impegnata negli appalti pubblici, da sempre al centro degli interessi delle cosche per gli enormi profitti e per il potere che il loro controllo assicura. In questo caso i carabinieri di Scalea e di Santa Maria del Cedro, intervenuti sul posto e a cui sono affidate le indagini non si sbilanciano, ma la pista più accreditata ovviamente resta quella dell’intimidazione mafiosa. Qualcuno non ha gradito l’aggiudicazione dei lavori alla ditta di Acri oppure l’imprenditore non ha pagato la tangente, quella tassa di ‘sicurezza ambientale’, per usare l’eufemismo caro ai boss, che le cosche impongono a chiunque esegue dei lavori sui propri territori. Difficile che vi possa essere una causa accidentale. Saranno le indagini, coordinate dalla procura di Paola, a fare piena luce su quella che appare una vera e propria intimidazione mafiosa
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