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Al comune si riparte
mercoledi interrogatori

Dopo il ciclone giudiziario di venerdi scorso quando è scattata la maxi operazione antimafia Plinius coordinata dalla DDA di Catanzaro e condotta dai carabinieri del comando provinciale di  Cosenza sotto il diretto controllo  del colonnello Ferace, per Scalea la settimana che si apre è la prima di quella che dovrebbe essere una nuova era: l’era della legalità, della trasparenza, della democrazia vera. Dopo la decapitazione della giunta, 4 assessori su cinque più il sindaco Basile, sono finiti in manette, dopo  le dimissioni dei consiglieri di maggioranza non coinvolti nell’inchiesta e quelle in blocco di 6 consiglieri di minoranza che in questi anni, inutilmente avevano denunciato il malaffare in comune, il settimo Luigi De Luca, ricordiamo è stato arrestato, nel palazzo di città si cerca di ripartire sotto il coordinamento del commissario prefettizio. Sarà lui a mettere ordine in quello che per gli inquirenti era diventato un centro di potere deviato. Sarà lui a riorganizzare gli uffici,  a rilasciare autorizzazioni, permessi, concessioni, a gestire gli appalti, i servizi sulla base del pieno rispetto della legge e delle regole. Per tanti cittadini, per tanti imprenditori e operatori economici sin qui vessati, intimiditi, ricattati sarà possibile ritrovare nel comune, primo e fondamentale presidio dello stato sul territorio, il garante dei diritti. Per gli arrestati comincia l’iter giudiziario: interrogatori, inizieranno mercoledì,  confronti, predisposizione della difesa. Sulle loro teste, a vario titolo, pende un lungo elenco di accuse: si va dall’associazione a delinquere di stampo mafiosi, al concorso esterno, dall’estorsione al sequestro di persona, dalla rapina alla corruzione, dalla turbativa d’asta al falso alla concussione. Dalla complessa attività investigativa del sostituto procuratore antimafia Vincenzo Luberto, e in particolare dei carabinieri della compagnia di Scalea e del loro comandante, il capitano Vincenzo Falce,  è infatti emerso un quadro devastante in cui il discrimine tra istituzione e criminalità organizzata era saltato, in cui i metodi prettamente mafiosi delle due ndrine locali, gli Stummo e i Valente, erano stati completamente traslati nella gestione della cosa pubblica. Elemento strategico di una inchiesta che forse per la prima volta in Calabria, nonostante le infiltrazioni siano frequenti,  ha acclarato una sinergia cosi granitica e pervasiva tra politica e ndrangheta. 

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