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Quella cella frigorifera
era un microonde

Quella cella frigorifera sembrava un forno a microonde. L’impianto pompava aria calda all’interno del locale coibentato, dove il protocollo impone, invece, che la temperatura non superi i quattro gradi. E quel giorno, e nei tre giorni precedenti, il termostato ne avrebbe contati almeno 32 di gradi. Troppi per garantire la conservazione d’un cadavere. Eppure, doveva essere tutto chiaro: su quel corpo la Procura aveva già disposto accertamenti tecnici irripetibili. Fatto di cui in ospedale avrebbero dovuto essere perfettamente a conoscenza. Del resto l’autopsia era stata programmata per il 18 giugno, a 72 ore di distanza dalla morte di Mario Tarsitano, un ragazzo di 26 anni di Pietrafitta, giunto al Pronto soccorso dell’“Annunziata” per un malore e spirato in seguito a una misteriosa crisi respiratoria. Sull’improvviso decesso del giovane era stato già aperto un fascicolo e i nomi di sei medici sono stati iscritti nel registro degl’indagati. Ma un’altra inchiesta potrebbe svilupparsi ben presto, una indagine sul malfunzionamento dei frigoriferi dell’ospedale civile. Un guasto che avrebbe impedito ai congiunti di vegliare il proprio caro prematuramente scomparso. E, adesso, i familiari di Mario, attraverso i loro legali, gli avvocati Massimiliano Coppa, esperto in colpa medica, Paolo Coppa, Chiara Penna e Luigi Forciniti, hanno presentato un dettagliato esposto carico di rabbia per chiedere verità e giustizia pure su quanto accaduto nella morgue del presidio sanitario cittadino.

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