Fazio Cirolla ebbe il tempo d’implorare pietà e di raccomandare al figlioletto, che assisteva impietrito alla sua esecuzione, di «pensare alla mamma». Poi spense gli occhi per sempre. Fulminato da tre pallottole sparate a bruciapelo. Fu ucciso per sbaglio, al posto di Salvatore Lione, “reggente” del clan Forastefano di Cassano. La vittima designata riuscì a saltare da una finestra sfuggendo così ai sicari. Per l’assassinio dell’incolpevole Cirolla sono stati condannati a trent’anni di reclusione dalla Corte d’assise di appello di Catanzaro, Archentino Pesce e Saverio Lento. Due killer cassanesi riconosciuti da un «lavorante» straniero e indicati dallo stesso Lione che, quel pomeriggio del 27 luglio 2009, li aveva visti arrivare nella concessionaria di auto divenuta teatro del delitto. «Custodivo le armi del gruppo –ha raccontato il boss pentito –e mi fu chiesto di recuperarle perché doveva essere compiuta un’azione. Quando i sicari hanno fatto irruzione nella concessionaria ho riconosciuto i passamontagna verdi e le pistole che avevo consegnato qualche giorno prima. Preso dal panico mi sono lanciato dalla finestra e nella stanza in cui ci trovavamo è rimasto solo il povero Cirolla, che è stato ammazzato al posto mio». I giudici di seconda istanza hanno invece assolto dall’accusa d’essere il mandante dell’omicidio Cirolla, Leonardo Forastefano (condannato dal Gup distrettuale nel gennaio 2012 all’ergastolo) e hanno escluso la partecipazione alla consumazione del crimine di Francesco Caporale (gli erano stati inflitti 16 anni in primo grado).