La verità dell’autopsia ha inchiodato, forse, definitivamente, Pasqualino Giannieri, 51 anni, a un nuovo scenario. L’uomo è in cella da tre mesi con l’accusa d’aver ucciso, a Saracena, nel Castrovillarese, il 27 marzo, Maria Carmela D’Aquila, la mamma della sua ex compagna. Finora, però, non s’era ancora capito se tra le mura dell’abitazione della donna ci fosse stato un omicidio o se si fosse trattato di una disgrazia. La trama indicata dalle prime indagini sembrava spingere verso la seconda ipotesi. Una fatalità, una zampata del destino nel litigio montato tra i mancati parenti. Una lite tragica chiusa con un colpo letale alla testa che Giannieri (difeso dagli avvocati Carlo e Lucio Esbardo) aveva sferrato alla donna con quel pezzo di legno che stringeva ancora tra le mani quando in casa aveva messo piede proprio la sua ex, Giuseppina Costanzo, la teste chiave. Ma l’autopsia, eseguita dall’anatomopatologo Walter Caruso, ha svelato che l’ipotesi del delitto d’impeto è, in realtà, un vicolo cieco. Alcuni segni sul collo della vittima raccontano una dinamica ben precisa e completamente diversa rispetto a quella affiorata dalle prime ricostruzioni. La donna non è morta per il colpo ricevuto alla testa. No, quel pezzo di legno, non c’entra nulla con l’omicidio. Maria Carmela D’Aquila è morta per altro. L’assassino l’ha soffocata e lei è spirata in seguito proprio a quella vigorosa stretta al collo. Stretta che Giannieri non avrebbe dato a mani nude. L’indagato avrebbe utilizzato un cappio preparato con cura. Uno strumento di morte che gli sarebbe servito per consumare la sua vendetta.
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