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’Ndrangheta a Torino,
un altro suicidio

Un altro suicidio nella vicenda Minotauro, il processo per le infiltrazioni della ’ndrangheta in Piemonte. Un anno dopo quello di Giuseppe Catalano, secondo gli inquirenti il capo del “locale” di Siderno a Torino, ieri mattina si è tolto la vita il figlio, Cosimo Catalano, 40 anni. Anche lui era finito nel lungo elenco di imputati (75, mentre altrettanti sono già stati giudicati con rito abbreviato) della più grande inchiesta degli ultimi 15 anni sulla presenza della ’ndrangheta in Piemonte. L’uomo non era agli arresti e gli inquirenti lo consideravano un imputato di media importanza. Sabato sera, secondo quanto appreso, era stato accompagnato in ospedale dai parenti per un forte stato di agitazione. Ieri, prima delle 7, il tragico gesto: Cosimo Catalano si è allontanato a piedi dalla sua casa di Volvera e si è lanciato nel vuoto da un cavalcavia della superstrada Torino-Pinerolo. Il suo corpo, ormai primo di vita, è stato rinvenuto da una pattuglia della polizia stradale. Il suicidio, secondo il legale di Catalano, l’avvocato Carlo Romeo, è connesso «all’aggressione al patrimonio di famiglia». Lo scorso 19 aprile il padre di Cosimo, Giuseppe, si era gettato dal balcone di casa, dove era agli arresti domiciliari «per motivi di salute ». Prima del tragico gesto aveva deciso di «dissociarsi dalla ’ndrangheta».

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