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È “divorzio” tra
Mater Domini e Campanella

Si scriveva Fondazione, si leggeva “confusione”. Finora il centro oncologico “Campanella” ha vissuto un rapporto simbiotico con l’Azienda ospedaliera universitaria Mater Domini, non solo per motivi logistici (condividono la stessa sede al Campus di Germaneto) ma anche in ragione di unità operative, personale medico, prestazioni assistenziali e dunque finanziamenti condivisi. Una sorta di commistione buona per i periodi di vacche grasse (quando cioè la Fondazione godeva del doppio delle erogazioni che ora riceve dalla Regione) ma inconcepibile oggi che la coperta dei fondi per la sanità è sempre più corta. Per stabilire confini netti tra costi e conti dei due enti e dipanare il groviglio finanziario, la Regione nei mesi scorsi ha mandato i consulenti dell’advisor Kpmg alla Fondazione. Del resto più volte il Tavolo Massicci l’organo interministeriale che verifica l’attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario calabrese ha chiesto all’Ufficio del commissario presieduto da Giuseppe Scopelliti «di definire i rapporti tra l’Azienda Mater Domini e la Fondazione Campanella ». Separare è non solo importante per evitare eventuali “travasi” di risorse ipotesi che preoccupa molto la Regione ma necessario, visto che a seguito dell’approvazione della legge regionale 62/2012 il centro oncologico Campanella è divenuto un ente di diritto privato (anche se la legge non è stata compiutamente attuata poiché nella Fondazione ancora sono attivi i 43 posti letto e le unità operative destinati a transitare alla Mater Domini). Il “divorzio” vero e proprio tra Fondazione e Azienda ospedaliera avverrà quando la Campanella come le altre strutture sanitarie private andrà a definire con l’Asp il contratto di acquisto delle prestazioni. L’Asp acquisterà solo prestazioni oncologiche, pertanto avrà fine anche la commistione relativa alla produttività della Campanella visto che sarà possibile definire quanto produce di specificamente oncologico in termini finanziari, e quanto invece produce di non oncologico e dunque afferente all’Azienda Mater Domini. «Noi faremo solo prestazioni oncologiche perché solo quelle ci verranno pagate dall’Asp spiega il presidente del Cda della Fondazione, prof. Paolo Falzea e abbiamo tutto l’interesse a uscire dalla commistione e dall’equivoco. In effetti non è facile definire con esattezza ciò che è oncologico e ciò che non lo è ai fini di stabilire la produttività al riguardo in termini economici». Quanto allo stabilire confini netti tra i finanziamenti destinati al Polo oncologico e alla Mater Domini, Falzea ha avviato già da tempo le operazioni necessarie: «Stiamo separando tutto per dipanare un insostenibile garbuglio». E ora il presidente sta preparando la documentazione per la commissione paritetica Università-Regione che da domani si riunirà per definire i costi delle unità operative e dei posti letto non oncologici della Fondazione che se sarà firmata l’intesa tra Università e Regione transiteranno alla Mater Domini. Solo allora, quando quei posti letto e reparti non graveranno più sulla Fondazione, si vedrà se il centro oncologico sarà realmente salvo, considerato che al momento l’ente è ancora a rischio default per l’entità del disavanzo pregresso. La situazione finanziaria della Fondazione resta difatti dirimente rispetto all’eventualità che l’ente venga commissariato.  

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