Morire perchè l’ospedale è troppo lontano. Per colpa della spending review, di quel piano di rientro che ha costretto la politica a disporre drastici tagli nella sanità pubblica. Un risparmio di risorse doveroso, culminato nella soppressione o riconversione di molti nosocomi, rivelatosi tuttavia spesso fatale alla salute dei cittadini. La storia di Francesca Rossi, casalinga di Trebisacce, ne è un tragico esempio ed offre motivi di riflessione. La donna, il 12 aprile dello scorso anno, è stata colta da un attacco cardiaco mentre si trovava nella sua casa di via Cimarosa, in riva al Mar Ionio. La signora delle pulizie, presente nell’abitazione, ha subito allertato il servizio di pronto soccorso, spiegando telefonicamente all’operatore del 118 lo stato e la localizzazione dei dolori di cui la paziente era preda. Poi ha chiamato il figlio della Rossi, Antonio, che si è precipato per prestare aiuto. In tempi ragionevoli è arrivata l’ambulanza, con un medico e un infermiere. Gli operatori sanitari resisi conto della gravità della situazione hanno immediatamente deciso il trasporto della degente nel presidio ospedaliero più vicino – quello di Rossano – attrezzato per le emergenze in caso di crisi cardiache. Da poco tempo, infatti, era stato chiuso il reparto di Terapia Intensiva Coronarica di Trebisacce e pure quello di Cardiologia. Non solo: anche il Pronto soccorso del nosocomio era stato trasformato in Punto di primo intervento, struttura che non garantisce la presenza del cardiologo e non prevede quella dell’anestesista rianimatore. Le due figure professionali, oltre alla presenza di una equipe infermieristica addestrata con adeguato training, sono fondamentali nella gestione, nella diagnosi e nella terapia del paziente infartuato soprattutto se è presente una complicanza come nel caso della signora Rossi. La donna, perciò, è stata trasportata a bordo del mezzo di soccorso in direzione della cittadina ionica, seguita su un’auto dai familiari. L’ambulanza, considerato il traffico normalmente sostenuto presente sulla Statale 106, ha raggiunto l’ospedale attrezzato dopo 45 minuti. Un lasso di tempo costato la vita a Francesca Rossi. I congiunti della paziente deceduta hanno sporto denuncia alla magistratura inquirente di Castrovillari, chiedendo l’apertura di un procedimento penale contro il commissario straordinario per la Sanità, cioè il governatore Giuseppe Scopelliti, e l’Asp di Cosenza che hanno «disposto la soppressione dei servizi». L’esposto redatto dall’avvocato Antonio La Banca è stato presentato al procuratore di Castrovillari, Franco Giacomantonio, competente per territorio e successivamente da questi trasmesso al procuratore di Cosenza, Dario Granieri. Nell’articolata denuncia si legge: «La paziente non ha potuto ricevere nel più breve tempo possibile, come previsto dalle linee guida internazionali, le cure adeguate al suo caso, in quanto la sua gestione è stata demandata al medico del 118 che, pur facendo del suo meglio, non ha potuto disporre di un cardiologo e di un anestesista, delle attrezzature necessarie, delle metodiche indispensabili e dei supporti terapeutici basilari al fine di curare adeguatamente l’infarto del miocardio e le sue complicanze». La procura bruzia ha aperto un’inchiesta che potrebbe in breve tempo offrire una chiave di lettura più precisa degli accadimenti. Il caso giudiziario, comunque vada a finire, è destinato ad aprire un dibattito.
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