La “macelleria” sibarita. Raccontata da una scia di cadaveri seminati tra Cassano e Corigliano. Sulle strade sferzate dal vento i corpi di boss e picciotti crivellati dai proiettili calibro 7,62. Quelli esplosi in rapida successione dai kalashnikov, arma letale prediletta dagli “azionisti” della nuova ‘ndrangheta. I fucili mitragliatori forniti dagli albanesi sono stati per un paio d’anni gli inseparabili compagni d’avventura di schiere di sicari dalle braccia ferme e il grilletto facile. Killer dalla tempra d’acciaio capaci di terrorizzare paesi e contrade, distribuendo lutti e disperazione. È stato il pm antimafia Vincenzo Luberto, nel corso di una requisitoria durata tre giorni, a ricostruire l’agghiacciante scenario di morte. Il percorso seguito dal requirente è quello svelato, nel luglio del 2009, dall’operazione “Timpone rosso” che faceva luce su patti, trame e conflitti che hanno caratterizzato la storia recente della criminalità organizzata nell’area ionica del Cosentino. Al centro numerosi omicidi destinati a ridisegnare la mappa del potere mafioso e consolidare l’egemonia del clan riconducibile alla famiglia Abbruzzese di Cassano allo Ionio. Il primo agguato risale al 6 gennaio del 1999 quando all’ingresso di Lauropoli vennero spediti all’altro mondo Giuseppe Cristaldi, “ uomo di rispetto” legato alle vecchie gerarchie della ‘ndrangheta, e Biagio Nucerito, suo fidato autista. Poi, toccò a Gianfranco Iannuzzi, scomparso per lupara bianca a Cosenza il 16 aprile del 2001 e ritrovato cadavere molti anni dopo grazie alle confessioni del pentito Pasquale Perciaccante. Di seguito scattò l’eliminazione di Giorgio Cimino, padre di due collaboratori di giustizia e, quindi, vittima di una vendetta trasversale compiuta a Corigliano il 24 maggio 2001. Il 25 marzo del 2002 vennero invece trucidati, a Corigliano, Enzo Fabbricatore, “reggente” della cosca locale, e Vincenzo Campana, suo autista e sodale. Poco più d’un mese dopo, il 28 aprile, finì sotto terra, a Cassano, Gaetano Guzzo, piccolo imprenditore. L’anno successivo, stessa tragica fine spettò, prima ad Antonio Acquesta che scomparve per lupara bianca il 27 aprile del 2003 e, poi, a Sergio Benedetto e Fioravante Madio, falciati dai kalashnikov il 16 giugno sempre a Cassano. Madio morì per sbaglio, vittima del “fuoco amico”. L’uomo faceva parte del “commando” incaricato di far fuori Benedetto e il cugino, Rocco Milito, che invece si salvò miracolosamente. Dopo aver illustrato alla Corte (Antonia Gallo presidente; Vincenzo Lo Feudo, giudice a latere) dinamiche e moventi dei delitti descritti, il pm Luberto ha chiesto la condanna all’ergastolo per: Celestino Abbruzzese, 62 anni; Luigi Abbruzzese, 33; Francesco Abbruzzese, detto “U Pirolo”, 35; Francesco Abbruzzese, detto “Dentuzzo”, 39, tutti di Cassano Ionio; Fiore Abbruzzese, detto “Ninuzzo”43; Fioravante Abbruzzese, inteso come “banana” 55; Armando Abbruzzese, 31, chia mato “Antonio”, tutti di Cosenza; Antonio Abbruzzese, inteso come “Tonino figlio di Banana”, 34, di Cassano; Antonio Abbruzzese, 39, di Cosenza; Nicola Abbruzzese, 30, chiamato “Semiasse” di Cassano; Giovanni Abbruzzese, 50, di Cosenza, inteso come “u cinese”; Nicola Acri, 30, di Rossano; Maurizio Barillari, 40, di Corigliano; Cosimo Bevilacqua, 44, di Spezzano Albanese; Fioravante Bevilacqua, detto “Panetta”, 49, di Cosenza; Mario Bevilacqua, 41, chiamato “Maruzzo”; Domenico Bruzzese, 38; Rocco Antonio Donadio, 53, tutti di Cassano; Fabio Antonio Falbo, 37, di Corigliano; Domenico Madio, 28, detto “Pilu iancu” di Cassano; Ciro Nigro, 47, e Damiano Pepe, 47, entrambi di Corigliano. Il requirente ha poi sollecitato la condanna a 15 anni di reclusione per Tommaso Iannicelli, 30, di Cassano; a 13 anni per Carmine Alfano, 40, pentito di Corigliano; ed a 16 anni per Vincenzo Curato, 34, pure lui pentito coriglianese, La parola passa adesso alla difesa.