Confermata, dalla Cassazione, la condanna a 280 euro di multa e risarcimento dei danni morali, a carico di una professoressa di Lettere che aveva apostrofato un suo allievo, Giuseppe L., come "asino, bugiardo, handicappato", insomma "una nullità, che riusciva ad andare avanti negli studi solo per l'interessamento della madre". Senza successo la prof, Teresa F., ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che rientravano "nel legittimo esercizio del diritto di critica" riservato ai docenti tutti i 'giudizi' che aveva rivolto allo studente. La Suprema Corte - con la sentenza 3197 - gli ha risposto che solo l'epiteto di "asino" avrebbe potuto "in linea di principio, riconnettersi ad una manifestazione critica sul rendimento del giovane, con finalità correttive", ma aver aggiunto anche che Giuseppe L. era "un bugiardo, un handicappato e una nullità" sono "espressioni obiettivamente denigratorie e indicative di volontà offensiva in capo a chi ebbe ad usarle". "Tanto più - prosegue la Cassazione - se con l'aggiunta che il profitto scolastico di Giuseppe doveva ritenersi ingiustamente condizionato in positivo da chissà quale interessamento della di lui madre". Pertanto i supremi giudici hanno confermato il verdetto di colpevolezza emesso dal Tribunale di Rossano, il 4 febbraio 2011, a carico della prof. Anche il giudice di pace di Rossano, in primo grado, aveva ritenuto ingiurioso il comportamento della docente. Nella sentenza non si specifica che tipo di scuola frequentava il ragazzo e dove. Si sa solo che la prof era andata a insultare il giovane a domicilio, nell'abitazione dove viveva con i genitori. (ANSA)
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