L’hanno trovata con le mani e i piedi legati con il nastro usato per imballare i pacchi. Con lo stesso nastro le hanno chiuso la bocca per impedirle di gridare. A trovarla così il figlio parroco, don Marcello Riente. La mamma, Iolanda Nocito, era appena stata uccisa. Le cause della morte probabilmente sono da legarsi a soffocamento ed ai colpi ricevuti alla testa. La donna prima di perdere la vita è stata infatti picchiata selvaggiamente. La riprova non sono solo le ecchimosi trovate sul corpo e le ampie ferite al cranio, ma anche le copiose macchie di sangue trovate sul pavimento. Il corpo è stato trovato nel corridoio, vicino alla stanza del sacerdote che, secondo alcuni testimoni, era stata messa sottosopra. Un furto finito nel sangue o una vendetta studiata nei minimi particolari? Don Marcello Riente, 53 anni, sacerdote della parrocchia della frazione Laise, lo scorso 16 ottobre era rimasto vittima di un’aggressione da parte di uno sconosciuto. Il presule, che abitava nella centralissima via Giustino Fortunato, con la madre si apprestava a raggiungere la parrocchia della frazione Laise, che dista alcuni chilometri dal centro abitato. Sembra che ad aggredire don Marcello sia stato un uomo con il viso travisato da una calzamaglia o un passamontagna. Dopo aver aperto il portone di casa, don Marcello si era ritrovato di fronte una persona che aveva iniziato a picchiarlo, tanto da mandarlo in ospedale. Il parroco poi era stato ascoltato dai magistrati e dai carabinieri, ma non aveva mai indicato qualche sospetto sul grave atto intimidatorio. “Perdono chi mi ha aggredito”. Così aveva detto don Marcello all’indomani dell’aggressione che aveva subito. Ma a perdonare era stato solo il presule. E quanto accaduto ha tutto il sapore di una vendetta. Ieri mattina don Marcello si era recato nella sua frazione a celebrare la messa per la morte del giovane carabiniere, Valerio Grosso La Valle, rimasto coinvolto di un incidente stradale il 23 dicembre scorso e morto due giorni fa. Presenti alla messa anche i militari dell’arma della locale stazione, autorità civili e vigili urbani. Insomma studiato tutto a tavolino. Nessun carabiniere in giro. Nessun rappresentante delle forze dell’ordine che avrebbe potuto vedere quanto accadeva il via Giustino Fortunato. E nessun vicino di casa. L’assassino deve essere entrato in casa del parroco quando era certo che a quell’ora nessuno sarebbe venuto a disturbarlo. È riuscito a superare il portone e ad arrivare al cancello che precede la porta di casa. Un ulteriore prova a sicurezza dell’abitazione che è servita a poco.