Il faccia a faccia sulla Rai tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi archivia il fair play del primo confronto tra i 'magnifici 5' su Sky. Matteo Renzi, che deve recuperare 9 punti in vista del ballottaggio di domenica, si toglie la giacca e, in maniche di camicia, va all'attacco per quasi tutti i 100 minuti del match televisivo. Ma lo schema del sindaco per archiviare i "2547 giorni" dei governi dell'Unione non piace a Bersani, convinto di interpretare lui la voglia di cambiamento e che "promesse, il personalismo e la comunicazione esagerata è il passato, non il nuovo".
Alla fine, i due candidati alla premiership del centrosinistra si sono abbracciati. Ma durante il confronto, la tensione si è avvertita in vari momenti. Così come le distanze su alcuni temi, a partire da Equitalia. Bersani chiarisce al sindaco che l'agenzia di riscossione non è stata inventata dal centrosinistra. "Non ho detto - controreplica il sindaco - che l'abbiamo inventata noi ma che su quello non siamo stati all'altezza. Sei stato 2.547 giorni al governo e dico questo perché è necessario fare un passo avanti". Il segretario Pd più tardi sdrammatizzerà, sottolineando la pazienza del rivale ma l'accusa di non essere riuscito a riformare non gli va giù determinato a dimostrare, citando alcuni suoi provvedimenti, che "il cambiamento si fa ma non a chiacchiere". Gli errori del passato del centrosinistra sono il filo conduttore delle risposte di Renzi. "Sulla politica industriale abbiamo qualcosa da farci perdonare", incalza affondando sul conflitto di interessi "la dimostrazione più drammatica che abbiamo fallito" così come lo scalone di Damiano è la prova per cui "chiedo la rottamazione della classe dirigente del passato".
Quando il sindaco aggiunge che "nella riforma Berlinguer l'unica cosa di sinistra è il nome", Bersani fa una smorfia di irritazione. L'altolà del leader Pd arriva quando il sindaco evoca il rischio che "finisca con l'Unione del 2008" in un'alleanza da Vendola a Casini che "più che odore di sinistra ha odore di inciucio". "Attenzione a non usare gli argomenti dell'avversario", alza la voce per la prima e unica volta Bersani. Ma, al di là della disputa tra vecchio e nuovo, non mancano i punti di accordo sui diritti civili come sugli Stati Uniti d'Europa. Un confronto in cui i due avversari puntano ad evidenziare i propri punti di forza, uniti, come entrambi ammettono, "dalla passione politica". Ma divisi per Renzi dall'"idea del futuro perché io non vedo un futuro con le vecchie glorie che accompagnano Bersani"; mentre il segretario mette l'accento sulla distanza "nell'idea di rinnovamento: io voglio che la ruota giri, ma non prendendo a calci l'esperienza".
Ma, siccome non è show ma politica, entrambi sanno che entro domenica devono andare a caccia dei voti degli altri candidati, a partire da Vendola. Bersani, che aveva già difeso Sel come "forza nettamente europeista" e sottolineato ad uso dei voti di sinistra come "bisogna andare oltre Monti", fa sua la battaglia per ridurre gli F35 parlando di un ipotetico incontro tra lui e Barack Obama. "A Obama parlerei della fine della missione in Afghanistan e degli F 35". Matteo Renzi non vuole lasciare la presa sul tema e qui si gioca l'ultimo dei 5 bonus di replica: "Gli F35 sono un problema che riguarda noi e non gli Usa, io ho proposto il dimezzamento ma non cerchiamo di prendere un voto facile, proprio te segretario". L'appello finale ricalca la tattica del confronto. "Mi hanno dipinto come un mostro ma nelle regioni rosse chi ci conosce ci ha votato. Chi vuole cambiare l'Italia vada a votare", chiede il sindaco evitando di chiedere esplicitamente il voto per sé stesso. "Serve un cambiamento - assicura Bersani - e io lo posso offrire. Il nuovo è guardare la gente all'altezza degli occhi e mettersi a loro servizio".
"Ma i pullman con i fan della Puppato quando arrivano?". L'ironia di uno dei 40 supporter 'bersaniani' in fila all'ingresso degli studi 'Dear' è l'unica che riesce a stemperare un po' la tensione tra gli 80 giovani arrivati per lo più da Roma e Firenze per 'tifare' in diretta tv i propri leader di riferimento. Le due squadre di 'renziani' e 'bersaniani', età media 19 anni, dopo aver affollato l'ingresso degli studios, si dividono subito.
"Mi raccomando - è l'appello di uno degli addetti di studio ai ragazzi fatti accomodare in due settori ben distinti - bene gli applausi, siete qui per questo e noi non leghiamo le mani a nessuno, ma attenti a non creare un clima da stadio. Questo non potremo accettarlo..". Il primo applauso dello studio è per lui. 'Sistemati' i fans nella sala 'avvolta' da una luce rossa e 'dominata' dai due banchetti trasparenti allestiti per i 'duellanti', per lo staff della Rai comincia l'attesa dei due protagonisti che arrivano in via Nomentana con circa mezz'ora di ritardo. "Renzi lo aveva detto - commenta uno dei tecnici con un cameraman - che sarebbe arrivato all'ultimo minuto...". E così avviene. Tra l'ansia generale. Vestiti tutti e due con un completo blu scuro, il segretario del Pd e il sindaco di Firenze fanno il loro ingresso nell'edificio verso le 20.35 inseguiti dall'unico drappello cronisti che riesce ad aggirare (per poco) i 'mastini' dell'ufficio stampa. Scarne le dichiarazioni. Segretario è teso? "Insomma, eh no, guarda qua...", risponde sorridendo Bersani. A identica domanda Renzi ammette: "Teso? Non proprio..". Si sente di vincere? "Bastasse un confronto tv...". Poi entrano nel salottino vip per un faccia a faccia di qualche minuto. "Fatemi stringere la mano a Pierluigi!" è il saluto del sindaco. Poi la porta si chiude davanti agli sguardi dei curiosi. Alla fine, il sindaco di Firenze, abbandonata la 'celebre' cravatta viola della prima sfida per una blu scuro, decide di affrontare la sfida in maniche di camicia: look decisamente più giovanile e dinamico. Il segretario Pd, con cravatta rossa a pois bianchi resta invece in giacca 'optando' per lo stile più autorevole e affidabile. Poi, con i due leader sistemati dietro due palchetti bianchi e rossi, tocca alla monetina lanciata in aria dalla conduttrice Monica Maggioni, con i portavoce Stefano Di Traglia (Bersani) e Antonella Madeo (Renzi) come testimoni, indicare la scaletta: per l'appello finale comincia Renzi e conclude Bersani.
Ad accogliere i due big del Pd nello studio 'dominato' dal timer elettronico c'é anche il direttore del Tg1, Alberto Maccari, che da domani dovrà cedere lo 'scettro' del Tg1 all'ex numero uno del 'Messaggero' Mario Orfeo. La conduttrice Monica Maggioni di nero vestita ostenta sicurezza. "Io tesa? E perché mai?". "Io invece un po' teso lo sono - confessa il bersaniano Tommaso Bernardi - ho 18 anni ed è la mia prima volta in tv. Perché sono stato scelto? Me lo hanno chiesto in sezione... Perché tifo il segretario? In un momento così è l'unico che può salvarci...". "Noi invece veniamo da Firenze - spiegano tre giovani renziane - e siamo state invitate come una sorta di 'premio' per il nostro volontariato. Stiamo nel Comitato dall'inizio", raccontano. Due ore filano via senza intoppi. Quasi 50 tra cronisti e fotografi seguono la sfida dalla sala stampa "allestita in soli due giorni", come dichiara soddisfatto Fabrizio Casinelli. Alla fine, l'abbraccio tra 'Pierluigi' e 'Matteo' mette la parola fine al 'duello' della "bella vicenda" delle primarie.
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