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Per i figli di mafiosi
"mai richieste
misure coercitive"

In relazione all'articolo
apparso sul Corriere della Sera di ieri a firma di Luigi
Ferrarella dal titolo "I giudici sottraggono i figli alle
famiglie di 'ndrangheta" l'Ufficio di Procura della Repubblica
per i minorenni di Reggio Calabria precisa che "non ha mai
chiesto al Tribunale di emettere nel caso indicato provvedimenti
limitativi della potestà genitoriale ex art. 333 codice civile
bensì solo provvedimenti amministrativi idonei a contenere la
condotta irregolare del minore ai sensi dell'art. 25 RD
1404/1934".
La Procura "rileva che suscita perplessità che si proclami
l'esistenza di linee o strategie senza precedenti da parte dei
giudici, atteso che il giudice per l'art. 111 Costituzione non
può avere linee o strategie proprie, ma è chiamato a decidere
in posizione di terzietà secondo legge sulle istanze o sui
ricorsi proposti dalle parti pubbliche e private.
Rileva ancora più in generale che la (ri)educazione alla
legalità non può avvenire attraverso modalità coercitive ma
deve essere frutto di una libera e consapevole scelta del
soggetto attraverso un faticoso percorso personale di tipo
culturale e morale e che tale conversione può e deve essere sì
sostenuta ma non imposta attraverso la deprivazione degli
affetti familiari e la deportazione in luoghi lontani da quelli
di origine". Il comunicato è firmato dal Procuratore della
Repubblica del Tribunale di Minorenni, Carlo Macrì.

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