Dal 1991 a oggi sono 214 i Comuni in Italia sciolti per il contagio della criminalità organizzata. Dal Sud al Nord del Paese, 22 soltanto nell’ultimo anno, 4 di questi nelle regioni settentrionali dove la 'ndrangheta è protagonista assoluta. L’ultimo al nord è Rivarolo Canavese, al Sud San Cipriano D’Aversa. È quanto emerge da un’analisi fatta dall’Espresso, che sarà pubblicata nel prossimo numero del settimanale.
A oggi – riferisce l’Espresso – i Comuni gestiti da commissari prefettizi sono 35, 16 dei quali solo in Calabria. Il resto è spalmato a macchia di leopardo tra Sicilia, Campania, Liguria e Piemonte. Il primato, secondo i dati forniti da l'Espresso, spetta alle giunte guidate da coalizioni di centrodestra e da liste civiche.
Le commissioni d’accesso al lavoro in tutta Italia sono al momento 9: tutte al Sud, da quando a fine luglio hanno lasciato gli uffici del municipio di Chivasso, in Piemonte, che attende la decisione del ministro Anna Maria Cancellieri.
Il caso più clamoroso – secondo l’Espresso – è quello di Reggio Calabria, che potrebbe entrare nella lista nera del Viminale come il primo capoluogo di provincia a essere sciolto per mafia. La relazione di circa 400 pagine redatta degli ispettori dopo l’accesso, durato 6 mesi, è sul tavolo del ministro. Sotto la lente le passate legislature quando l’attuale governatore della Regione Calabria era sindaco della città. Rischia grosso Golfo Aranci, piccolo comune della Sardegna (che non conta Comuni sciolti per mafia), dove una imprenditore di Cosa nostra ha lavorato in cantieri pubblici per anni, frequentando, secondo quanto dice l’Espresso, anche un assessore. Il caso è all’attenzione degli investigatori.
Il senatore Luigi De Sena, sentito dal settimanale, è certo: "Quando uno stesso comune viene sciolto per due o tre volte cosa abbiamo ottenuto?". Per questo ha proposto un emendamento al testo unico degli Enti locali con cui chiede il licenziamento senza preavviso dei dipendenti che risultano collusi con i clan. Convinto – riferisce l’Espresso – che non è solo l’apparato politico il problema, ma anche quello burocratico.
Dal 1991 a oggi sono 214 i Comuni in Italia sciolti per il contagio della criminalità organizzata. Dal Sud al Nord del Paese, 22 soltanto nell’ultimo anno, 4 di questi nelle regioni settentrionali dove la 'ndrangheta è protagonista assoluta. L’ultimo al nord è Rivarolo Canavese, al Sud San Cipriano D’Aversa. È quanto emerge da un’analisi fatta dall’Espresso, che sarà pubblicata nel prossimo numero del settimanale.
A oggi – riferisce l’Espresso – i Comuni gestiti da commissari prefettizi sono 35, 16 dei quali solo in Calabria. Il resto è spalmato a macchia di leopardo tra Sicilia, Campania, Liguria e Piemonte. Il primato, secondo i dati forniti da l'Espresso, spetta alle giunte guidate da coalizioni di centrodestra e da liste civiche.
Le commissioni d’accesso al lavoro in tutta Italia sono al momento 9: tutte al Sud, da quando a fine luglio hanno lasciato gli uffici del municipio di Chivasso, in Piemonte, che attende la decisione del ministro Anna Maria Cancellieri.
Il caso più clamoroso – secondo l’Espresso – è quello di Reggio Calabria, che potrebbe entrare nella lista nera del Viminale come il primo capoluogo di provincia a essere sciolto per mafia. La relazione di circa 400 pagine redatta degli ispettori dopo l’accesso, durato 6 mesi, è sul tavolo del ministro. Sotto la lente le passate legislature quando l’attuale governatore della Regione Calabria era sindaco della città. Rischia grosso Golfo Aranci, piccolo comune della Sardegna (che non conta Comuni sciolti per mafia), dove una imprenditore di Cosa nostra ha lavorato in cantieri pubblici per anni, frequentando, secondo quanto dice l’Espresso, anche un assessore. Il caso è all’attenzione degli investigatori.
Il senatore Luigi De Sena, sentito dal settimanale, è certo: "Quando uno stesso comune viene sciolto per due o tre volte cosa abbiamo ottenuto?". Per questo ha proposto un emendamento al testo unico degli Enti locali con cui chiede il licenziamento senza preavviso dei dipendenti che risultano collusi con i clan. Convinto – riferisce l’Espresso – che non è solo l’apparato politico il problema, ma anche quello burocratico.